Miniere siciliane, Camera riconosce rischio Governo impegnato a studio su malattie

«Uno studio epidemiologico nelle miniere in provincia di Caltanissetta per verificare in che misura il tasso di inquinamento abbia inciso e incida significativamente sulla salute degli abitanti, sulle coltivazioni, sui terreni e le falde acquifere. Con la conseguente possibilità di realizzare attività di bonifica e dichiarare l’area sito d’interesse nazionale». E’ il primo riconoscimento ufficiale da parte delle istituzioni nazionali della drammatica situazione delle miniere di zolfo nel cuore della Sicilia: Bosco Palo, Stincone e Apoforte, una bomba ecologica su cui adesso la Camera dei deputati impegna il Governo ad intervenire. Due giorni fa è stato approvato un ordine del giorno promosso dal deputato siciliano di Sinistra e Libertà, Erasmo Palazzotto, come allegato al decreto sulla Terra dei fuochi. Il gravissimo inquinamento ambientale di alcune zone della Campania a causa dell’illecito smaltimento di rifiuti tossici da parte della camorra è emerso in tutta la sua drammaticità a seguito delle rivelazioni del boss dei casalesi Carmine Schiavone. Dichiarazioni rese dal pentito nel 1997, ma i cui verbali sono stati solo recentemente desecretati.

E quelle dichiarazioni portano ulteriori elementi a sostegno della tesi che le miniere dismesse della provincia di Caltanissetta siano state usate per anni come tomba di chissà quali rifiuti pericolosi. Schiavone ha riferito, infatti, del coinvolgimento di altre organizzazioni criminali come Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Sacra corona unita nel traffico. «Tanto da fare ipotizzare che in diverse zone di Sicilia, Calabria e Puglia, le cosche abbiano agito come il clan dei Casalesi nella regione Campania», si legge nell’ordine del giorno presentato alla Camera.

Un testo che ripercorre la storia recente della miniera di Bosco Palo, nel Comune di San Cataldo, «dove la società denominata Aria, con sede a Catania, si è occupata per anni di smaltimento di rifiuti speciali ed è sospettata, a vario titolo, di essere la principale responsabile dell’avvelenamento di una intera area nel cuore della Sicilia, in provincia di Caltanissetta, e, precisamente, tra i comuni di Serradifalco, San Cataldo, e Mussomeli». A Bosco Palo negli anni ’60 si producevano sali potassici utilizzati in agricoltura, attività che dava occupazione a 600 uomini, gestita fino al 1978 dalla Montecatini, quindi passata all’Industria sali potassici e affini, Ispea, società con capitali pubblici, fino alla chiusura avvenuta nel 1988. In quel momento inizia il lungo periodo di abbandono che ha portato oggi a definire quell’area una bomba ecologica. Da un lato gli scarti rimasti ai margini della miniera, «complessivamente quattro milioni di metri cubi di sali di potassio – si legge nell’atto depositato alla Camera – che a contatto con la luce solare e con l’interazione elettromagnetica dei fulmini, provocano la dispersione nell’aria di molecole di potassio 40, ritenuto da parecchi studi e dagli esperti molto radioattivo, e di prodotti di decadimento delle catene uranio-torio che grazie all’interazione della luce solare, stimolano la produzione di radiazioni (Isotopo K40)». Dall’altro il mistero sul via vai di camion che negli anni ’90 entravano ed uscivano dalla miniera, ormai dimessa ma evidentemente non del tutto abbandonata. Traffico di cui hanno raccontato i giornalisti Saul Caia e Rosario Sardella nella videoinchiesta Misteri di Stato. In particolare i due giornalisti trovano in una villetta appena fuori dalla miniera, oggi diroccata, diversi documenti sparsi per terra. Quasi un libro contabile di una società attiva fino al ’94 che, invece di smaltire i rifiuti a Forlì come dichiarato, li interrava lì, a Bosco Palo. Documenti subito consegnati alla procura di Caltanissetta, dove la Direzione investigativa antimafia ha aperto un’inchiesta sul traffico di rifiuti pericolosi, speciali, radioattivi e disastro ambientale e omissioni degli enti preposti al controllo della miniera di Bosco Palo e del territorio limitrofo.

«I residui di lavorazione della miniera – scrive Palazzotto nell’ordine del giorno alla Camera – sarebbero alla base della diffusione, nella zona, di tumori e di malattie neurodegenerative, si pensi che quest’area del Nisseno ha un tasso di mortalità che è parecchio al di sopra di quello nazionale. Peraltro un recente test del nucleo operativo ecologico, Noe, dei carabinieri, ha verificato empiricamente l’inquinamento persistente delle falde». Adesso sarà il Governo, su richiesta della Camera, a valutare se avviare uno studio più approfondito. Ma Palazzotto invita anche la Regione a prendere iniziativa, «dando prontamente mandato all’Arpa di avviare la fase di monitoraggio e assumendosi le proprie responsabilità su eventuali omissioni o ritardi». «Non possiamo lasciare alla magistratura il compito di garantire la sicurezza dei cittadini – conclude – questo è un compito che spetta alla politica e da oggi per questo governo non ci sono più alibi».

Salvo Catalano

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