Mineo, il mistero dei tremila alberi d’arancio rasi al suolo «Atto criminale, ma non c’entrano pizzo e fondi pubblici»

«Un serial killer delle arance? Fa ridere, ma non c’è un motivo razionale che giustifichi quello che è accaduto». Tra lo scoramento lasciato dall’azione distruttiva che la settimana scorsa ha colpito i terreni di quattro aziende agricole a Mineo, dove di notte sono state tagliate circa tremila aranci, riesce a insinuarsi l’ironia. D’altra parte che cosa fare quando qualcosa succede senza un perché? Nel centro del Calatino, a distanza ormai di una settimana dai fatti, sono tutti pronti a giurare che un motivo valido per radere al suolo quei fondi agricoli non esista. Neanche per la criminalità organizzata. O meglio: se sul fatto che si sia trattato di un’azione criminale non c’è alcun dubbio, è la modalità usata che sfugge alle logiche con cui, in genere, si muovono i clan.

«Qui storicamente non esiste la guardiania, ci si conosce un po’ tutti. E poi, anche se si volesse ragionare su questa ipotesi, che senso ha danneggiare l’intero fondo?», commenta a MeridioNews Maurizio Ialuna del Consorzio di tutela arancia rossa di Sicilia. Il ragionamento è semplice: capita spesso che quando qualcuno vuole proporre a tutti i costi i propri servizi di vigilanza – in passato forniti dai campieri – il modo migliore per persuadere il potenziale cliente sia quello di rappresentargli concretamente l’oggetto della questione. Mettergli sotto il naso un esempio, fare il modo che sia l’offerta a generare la domanda. Un furto di un mezzo o il taglio di una recinzione possono tornare utili. «Quello che è successo a Mineo è però diverso – riflette Ialuna -. Non sono stati causati danni contenuti. Che senso avrebbe per i produttori danneggiati cercare un guardiano, se non c’è più nulla da controllare?»

Mentre i carabinieri della locale stazione e i colleghi della Compagnia di Palagonia mantengono il massimo riserbo sulle indagini, a Mineo in molti si sono soffermati sulla scena del crimine. I I luoghi, la tecnica, i tempi. «I terreni presi di mira si trovano tutti a ridosso di strade provinciali, dove dunque potenzialmente sarebbero potute passare automobili – sottolinea il rappresentante del Consorzio di tutela -. Se teniamo a mente questo e consideriamo che il numero di alberi tagliati sono stati migliaia, si può dire che con molta probabilità ad agire sia stato un gruppo di persone. Che potrebbe avere avuto bisogno anche di qualcuno per fare da palo». Chi ha agito, inoltre, non sarebbe stato un novizio nel campo agricolo. «I tagli sono stati netti, hanno usato attrezzi professionali», conclude Ialuna. 

Un altro punto su cui un po’ tutti in paese convergono è la necessità di dare una lettura storica ai fatti. Partendo dal presupposto che non si è trattato di un episodio. «Questo è il terzo caso in tre anni, in totale parliamo di otto aziende agricole prese di mira con danni da centinaia di migliaia di euro – dichiara a MeridioNews il sindaco di Mineo Giuseppe Mistretta – Negare che ci sia un problema e che questo problema mette in apprensione quanti si chiedono se saranno le prossime vittime sarebbe sbagliato». Anche per il primo cittadino, tuttavia, qualsiasi ipotesi rischia di essere azzardata. «Sono il sindaco di questa comunità ma anche un agronomo, non mi spiego ciò che è accaduto e spero che gli investigatori riescano a risalire ai responsabili».

Messa da parte l’ipotesi racket, chi non si volesse arrendere a consegnare all’irrazionalità il movente potrebbe pensare ad altre piste. Ma anche in questo caso arrivano smentite. Che si pensi a storie che abbiano a che fare con i fondi pubblici o all’ingerenza di terzi interessati ai terreni, ma per farci altro. «Mi è stato detto che tutti gli impianti sono stati fatti in economia, senza contributi comunitari – replica il sindaco -. Per quanto riguarda invece i terreni, escludo che si sia trattato di pressioni per cederli. A Mineo abbiamo già una zona artigianale in cui ci sono tanti terreni dove si potrebbe edificare».

E così per adesso non resta che lanciare appelli alle istituzioni, riportando l’attenzione al tema della insicurezza nelle aree rurali. A quasi tre mesi dal duplice omicidio dei ladri di arance alla piana di Catania e ad alcuni mesi dall’ultima volta in cui si è parlato di videosorveglianza nelle campagne. Un investimento che dovrebbe beneficiare di risorse comunitarie e a cui si è accennato anche nel corso della riunione di ieri in prefettura del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza. «È stato deciso di incrementare rafforzare le iniziative di vigilanza e controllo del territorio con modalità visibili e dinamiche soprattutto nelle zone più esposte a rischio – ha fatto sapere la prefettura etnea – A tali iniziative delle forze dell’ordine territoriali collaboreranno la polizia provinciale e il corpo forestale della Regione al fine di effettuare pattugliamenti, verifiche e controlli nelle zone rurali. Tal interventi – ha specificato l’ente – saranno indicati e mirati grazie anche a una mappatura degli impianti di coltivazione più a rischio che viene messa a punto dall’amministrazione comunale».

Simone Olivelli

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