«Condannare Vincenzo Niko Pandetta e Filippo Zuccaro (in arte Andrea Zeta, ndr) a un anno di reclusione». È questa la richiesta avanzata nell’udienza di oggi pomeriggio dalla pm Laura Verga nel processo che vede alla sbarra i due cantanti per minaccia e diffamazione dopo la pubblicazione, da parte di questa testata, del reportage Catania canta come Napoli. Durante l’udienza, Verga ha posto l’accento su alcune frasi pronunciate dai due all’epoca dei fatti. Ad associarsi alla richiesta di condanna anche gli avvocati delle parti civili: Goffredo D’Antona per la cronista Luisa Santangelo e Sergio Ziccone per la direttrice di MeridioNews Claudia Campese.
Durante gli interventi, è stata sottolineata «la gravità delle minacce non solo in quanto tali ma anche in considerazione della popolarità dei due imputati», entrambi molto noti e seguiti su tutte le piattaforme social da decine di migliaia di fan. A essere ricordata in aula, anche la pretesa originaria dei due in merito al video giornalistico, ossia l’impossibilità di pronunciare i loro nomi «senza il loro consenso». Prima della sentenza ci sarà spazio per la discussione dei difensori di Pandetta e Zuccaro, con la prossima udienza fissata a febbraio.
La vicenda nasce cinque anni fa, dopo la pubblicazione da parte di MeridioNews di un reportage sulla musica neomelodica a Catania. Un lavoro video in cui venivano nominati anche Zuccaro e Pandetta. Il primo figlio del sanguinario boss dei Santapaola, Maurizio Zuccaro, il secondo nipote del capomafia ergastolano Salvatore Cappello. Ed è stata proprio la menzione di queste parentele nel servizio che ha scatenato la reazione dei due cantanti. Messaggi testuali e note vocali indirizzate alla redazione del quotidiano, alla giornalista Luisa Santangelo e alla direttrice Claudia Campese. In mezzo, anche una diretta Facebook da parte di Pandetta in cui il neomelodico sosteneva che «la famiglia era stata offesa». Materiale che è finito al centro di una denuncia presentata alla polizia postale di Catania e da cui è nato il processo nei confronti di Zuccaro e Pandetta.
I due sono stati sentiti nell’udienza del 6 maggio scorso. Contesto in cui, sia Zuccaro che Pandetta, hanno cercato di correggere il tiro. «Siete delle merde? Uno sfogo verso tutti i giornalisti. Quel giorno ero un po’ nervoso», «Vi spacco la testa? Intendevo musicalmente». Tra ammissioni, giustificazioni e diversi «non ricordo». Qualche mese prima era toccato alle giornaliste ripercorrere quanto accaduto dopo la pubblicazione del reportage.
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