Migranti, 163 sbarcati al porto di Catania Trasferiti nella tendopoli allagata di Messina

Dalle otto di stamani al porto di Catania sono in corso le operazione di sbarco di 163 migranti, provenienti da Egitto, Eritrea, Siria e Sudan. Sono stati intercettati su un barcone a largo del canale di Sicilia, a sud di Malta, e trasferiti sulla fregata della Marina militare Espero, in pattugliamento per l’operazione Mare Nostrum. La nave è giunta nel capoluogo etneo intorno alle sette.

Si è subito messa in moto la macchina ormai consolidata di prima accoglienza. In queste ore il gruppo – di cui fanno parte 60 minori – viene sottoposto ai controlli e alle visite sanitarie da parte degli operatori della Croce Rossa presenti con una tenda sul molo di mezzogiorno. Sono state eseguite anche le procedure di prima identificazione, senza complicazioni secondo quanto comunica la Capitaneria di porto di Catania. Non si sono ripetuti quindi i casi di resistenza, soprattutto da parte dei siriani, verificatisi negli scorsi mesi.

Negli ultimi giorni le coste della Sicilia, da Pozzallo a Messina, passando per Trapani, sono state oggetto di numerosi sbarchi, ma Catania era rimasta esclusa. «Gli immigrati vengono soccorsi dalle navi della marina militare con grandi capacità. Il porto di ingresso viene determinato dal ministero degli Interni in base alla disponibilità dei centri di primo soccorso», spiegano dalla Capitaneria.

Si pone adesso il problema della destinazione. I minori verranno trasferiti in comunità adatte del Catanese, tra cui una potrebbe essere quella di via Delpino del Centro Astalli. La situazione dei minori non accompagnati è la più delicata, perché nella maggior parte dei casi scappano facilmente dalle comunità e spariscono. Invece sono proprio le figure che le convezioni internazionali tutelano maggiormente e a cui dovrebbe essere assegnato un tutore. La maggior parte dei 163 migranti arrivati stamani verrà portato al centro di prima accoglienza di Messina. «Qui non abbiamo dove metterli, le strutture a Catania sono piene», spiegano dall’ufficio di gabinetto della prefettura etnea. Non sembrano tuttavia migliori le condizioni del Palanebiolo, il centro della città dello Stretto, in condizioni critiche.

Si tratta, infatti, di una struttura composta da una tendopoli costruita dal ministero degli Interni su un campo di baseball e da una palestra. Spazi che ad ogni pioggia si allagano e che con il caldo si riempiono di polvere e insetti. Secondo la legge qui i migranti non potrebbero fermarsi oltre le 72 ore, per poi essere dirottati nei Cara o nelle comunità Sprar. Invece ci restano anche per due mesi. La gestione è dell’Associazione temporanea d’impresa con capofila la Sines Hospes – società che appartiene alla Senise di Potenza – a cui partecipano anche La Cascina Global Service, che si occupa della mensa a Mineo, e Sol.Co. Tre giorni fa a Messina sono sbarcati 266 migranti, che sono stati trasferiti proprio al Palanebiolo. Ma dopo le piogge degli ultimi giorni, la maggior parte ha deciso di andarsene. Rimangono tuttavia poco più di 270 migranti, di cui 250 nelle tende. Dopo due visite effettuate nelle ultime settimane, Sinistra ecologia e libertà, guidata dal deputato Erasmo Palazzotto, ha sottolineato «la necessità di chiudere il centro, completamente inadeguato» e ha denunciato «una situazione al collasso, condizioni igienico-sanitarie drammaticamente precarie e la struttura fatiscente».

La Prefettura di Messina nei giorni scorsi ha pubblicato un bando per cercare nuove strutture da adibire a centro di prima accoglienza, ma ancora non è stata trovata un’alternativa, nonostante le proposte avanzate dall’amministrazione comunale guidata dal sindaco Renato Accorinti, giudicate però inadeguate. Come quella di una caserma militare dismessa. «La risposta è sempre la stessa: tanto chiudiamo a breve, ma tutti sanno che non è così», concludono da Sel.

Salvo Catalano

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