Miele in crisi, l’annus horribilis per gli apicoltori siciliani Epicentro Zafferana. «Meglio che mio figlio faccia altro»

Cambiamento climatico, inquinamento, pesticidi, ma anche innovazione in agricoltura: sono diversi i fattori che a livello globale stanno causando un tasso di mortalità nel mondo delle api pari al 60/70 per cento

Una strage silenziosa che non lascia indenni neanche le api (e gli apicoltori) siciliani. E se la Coldiretti stima un danno, in termini di mancato ricavo, che sfiora i 7 milioni di euro, sono i diretti interessati a raccontare le loro preoccupazioni. È il caso di Sebastiano Di Prima, titolare dell’omonima azienda a Zafferana Etnea, che lancia l’allarme sul vertiginoso crollo di produzione del miele di zagara di Sicilia, una delle eccellenze dell’Isola. 

«Il problema è che abbiamo trasformato l’agricoltura in un’industria. Penso ai pesticidi, alle coltivazioni intensive, agli innesti: ormai sembra di stare costantemente dentro quel film in cui Charlie Chaplin avvitava tutto il giorno bulloni». E in effetti i tempi moderni hanno fatto sì che le esigenze dei mercati abbiano penalizzato i delicati equilibri immaginati dalla natura. Così ecco che i nuovi innesti in agrumicoltura producono alberi con fioriture di tre o quattro giorni al massimo, che rendono più difficile il lavoro delle api. Se poi, come avvenuto quest’anno, in quei pochi giorni di fioritura piove costantemente, «allora un’intera generazione di api finisce pressoché col saltare per l’anno in corso la produzione di miele da zagara».

«In realtà – spiega Lucio Consoli, dirigente veterinario dell’Asp di Catania – bisognerà attendere ancora qualche tempo per stabilire l’esatta produzione di miele da zagara per l’anno in corso, perché a confermare l’entità del calo saranno gli esami mellisso-pallinologici, che stabiliscono appunto la presenza di pollini nel miele. Però in linea di massima sì, il calo è notevole e soprattutto queste nuove colture con fioriture molto brevi, a volte di una sola giornata o a anche meno, associate ai cambianti climatici, rendono il lavoro delle api particolarmente arduo».

Non a caso secondo la Coldiretti, la Sicilia sarebbe, tra le Regioni del Sud, quella con un danno maggiore per la produzione di miele di agrumi che è stata disomogenea e ostacolata dal maltempo anche causa del freddo notturno con risultati scarsi e a macchia di leopardo.

La provincia di Catania è quella anche con la tradizione più radicata in apicoltura, ma anche i dati dalle altre province non sono rassicuranti: «Sempre per il miele di agrumi – aggiunge la Coldiretti regionale – l’Ismea stima rese medie di 10 chili ad alveare in provincia di Agrigento e 12 chili ad alveare nel Siracusano, mentre gli apicoltori catanesi, visto il raccolto di pochi chili ad alveare, hanno preferito spostarli verso le fioriture di sulla (pianta di foraggio ndr) e puntare su questo raccolto. In provincia di Palermo la prima fioritura della sulla rende in media circa 15 chili ad alveare. In totale, per il miele di agrumi, su 117.833 alveari a destinazione commerciale, circa 59.000 sono esposti alla crisi».

Secondo la Coldiretti, lo stato di sofferenza delle api, indicatore dello stato di salute dell’ambiente, «è rappresentativo in realtà dello sconvolgimento provocato dal clima sulla natura. Nel 2019 si registra una evidente tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta con una più elevata frequenza di eventi violenti, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e intense e il rapido passaggio dal maltempo al caldo». Tutti fattori che di certo non aiutano la produzione degli apicoltori.

«Io conduco un’azienda che ha un’esperienza centenaria – conclude Di Prima – ma se devo essere sincero, non ho il coraggio di chiedere a mio figlio di proseguire la tradizione di famiglia: più si va avanti, più temo che non ci siano più le condizioni per questo tipo di impegno».

Miriam Di Peri

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