Il calcio è questo. La serie B è questa. Un campionato in cui non bisogna mai dare nulla per scontato e in cui tutte le partite, anche quelle che sembrano più abbordabili, nascondono delle insidie. Lo ha sperimentato sulla sua pelle pure il Palermo, inciampato in casa sulle trappole tese dal fanalino di coda Livorno. Che, dopo avere battuto 3-1 il Foggia, ha dato un altro colpo di coda pareggiando (1-1) sul campo della capolista. E rovinando, in parte, l’esordio al Barbera dei dirigenti inglesi. Accompagnati dall’agente di mercato Jake Lee, Clive Richardson (CEO della Global Futures Sports & Entertainment) e il suo consulente Dean Holdsworth, in rappresentanza della cordata che ha stipulato il contratto preliminare notarile per l’acquisto del club di viale del Fante, dalla tribuna di uno stadio semivuoto (e più silenzioso del solito complice l’assenza per un lutto improvviso degli ultras della Curva Nord Superiore) hanno assistito a un match dai due volti sul fronte rosanero. Convincente nella prima mezzora, impreziosita da ottime trame di gioco come quella culminata al 14′ con il terzo gol stagionale di Moreo su assist di Falletti, meno brillante dal pari del Livorno in poi.
La rete dell’1-1 di Raicevic, nata al 25′ da un’intuizione dell’ex di turno Diamanti fischiato soprattutto nell’ultimo segmento dell’incontro dai pochi supporters presenti sugli spalti e propiziata da un errore in marcatura di Rajkovic, ha tolto sicurezza ai padroni di casa che, soprattutto nella ripresa, si sono proposti in maniera disordinata. Al netto di un intervento super di Mazzoni su un colpo di testa di Moreo su cross di Rispoli, i rosanero non hanno creato grossi grattacapi alla retroguardia toscana e il forcing impresso nel finale, porzione di partita in cui la squadra ha spesso lasciato il segno, questa volta non ha sortito gli effetti sperati. La formazione di Breda si è difesa con ordine ed è riuscita a portare a casa un punto che premia una prestazione all’insegna dell’umiltà (maiuscola, al riguardo, la prova dell’attaccante Raicevic che a parte il gol si è fatto notare per un gioco di sponda funzionale alle esigenze della sua squadra) e del sacrificio. Il rammarico – inutile nasconderlo – in casa Palermo c’è ed è anche legittimo dato che questa era obiettivamente una partita da vincere ma è giusto anche ‘pesare’ il risultato maturato sul terreno di gioco.
Partite come quelle di oggi, soprattutto in casa al cospetto di avversari che tendono a chiudere gli spazi, sono le più rognose e, se non riesci ad incanalarle su determinati binari, alla fine rischi anche di perderle. Basta un episodio per rovinare tutto (impostazione del match e piani tattici come il passaggio odierno al 4-4-2 a trazione anteriore con l’ingresso di Trajkovski al posto di Szyminski dopo l’iniziale 3-4-1-2) e subire la doccia gelata. Se, ad esempio, il portiere Pomini, titolare al posto di Brignoli bloccato in extremis da una gastroenterite, non si fosse superato al 35’ del secondo tempo al culmine di una mischia nei pressi della linea di porta sugli sviluppi di un corner di Diamanti (e subito dopo un’azione nella quale Moreo è stato graziato per un fallo di mano in area non ravvisato dall’arbitro), il sapore di beffa molto probabilmente sarebbe stato ancora più amaro rispetto al retrogusto di questo punto. Che non permette agli uomini di Stellone di approfittare in vetta delle opportunità fornite da un turno di campionato con alcuni scontri diretti ma che, comunque, consente alla squadra di proseguire un percorso (decimo risultato utile di fila) scandito dalla continuità. Fattore potenzialmente decisivo nella tabella di marcia di una squadra come il Palermo che vuole a tutti i costi la massima serie. Le giornate storte esistono (e i ko a ridosso del match di Brignoli e Mazzotta in aggiunta al forfait di Nestorovski possono essere interpretati come segni premonitori) e allora, a volte, anche un mezzo passo falso può essere accettato con serenità.
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