Un linciaggio in piena regola. Una raffica di calci e pugni, sferrati contro un 35enne di origini marocchine, fino a ucciderlo. Feroce la furia del branco, sfoggiata in pieno centro, a Messina, nel pressi della stazione ferroviaria, la scorsa estate. Un’esecuzione che ieri sera ha condotto all’arresto di un 28enne, Giovanni Raffone, da parte dei carabinieri. Il giovane è attualmente recluso nel carcere di Gazzi. Omicidio preterintenzionale, il reato ipotizzato dalla Procura della Repubblica.
L’aggressione, fatale per Mustafa Mandili, risale allo scorso 29 luglio. In base alle ricostruzioni degli inquirenti, sarebbero almeno in tre ad assalire l’uomo la cui colpa sarebbe di avere infastidito la compagna di uno di loro. Forse dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo. Così, si scagliano su di lui, raggiungendolo su tutto il corpo con calci e pugni. Non si fermano. Almeno non fino a quando la vittima non rimane a terra, immobile, immersa in una pozza di sangue, con il cranio fracassato.
Quando sul posto arrivano i militari, i responsabili hanno già abbandonato la scena. Il cittadino marocchino viene portato d’urgenza al Policlinico universitario. Qui viene sottoposto a un intervento chirurgico per poi essere trasferito in terapia intensiva dell’ospedale Piemonte, sempre a Messina. È privo di conoscenza e questo impedisce agli uomini dell’Arma di parlargli per ricostruire l’accaduto. Pertanto, si procede, almeno inizialmente, raccogliendo tutte le testimonianze utili. Anche quella della compagna di Mandili, la quale, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, sebbene non presente al momento del pestaggio, sembra abbia ricevuto delle minacce.
Un lavoro investigativo condotto con accuratezza, passo dopo passo. Il 9 agosto si apprende che il 35enne non ce l’ha fatta. Ma, un pezzo alla volta, il quadro inizia a prendere forma. Determinanti, le riprese di diverse telecamere collocate dal Comune intorno al luogo dell’aggressione. Immagini che riprenderebbero Mandili mentre tenta di scappare per sottrarsi al linciaggio. Adesso, pare sia possibile assegnare un nome e un cognome a due dei probabili aggressori.
Ieri, sono scattate le manette per Raffone, di Messina, già noto alle forze dell’ordine. Si trova a Gazzi, dove è stato condotto per dare esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina. Il magistrato ha concordato pienamente con le risultanze investigative dei carabinieri della stazione di Messina Arcivescovado, ancora sulle tracce del complice, pare di origini rumene, che potrebbe essere fuggito nel suo Paese.
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