Si firmano «le centinaia di ragazze e ragazzi ammessi con riserva alla facoltà di Medicina dell’ateneo di Catania» e hanno presentato oggi alla ministra per le Riforme Maria Elena Boschi una lettera nella quale raccontano il loro status di ricorsisti. Boschi si trova in Sicilia per partecipare a un convegno organizzato dal Partito democratico ad Aci Castello. Gli studenti, che hanno vinto un maxi-ricorso promosso dall’Udu nei confronti dell’impostazione del test nazionale, spiegano cosa comporta il loro status. Una condizione dal loro definita «da vera e propria apartheid».
«In questi mesi siamo stati trattati come gli ultimi, quelli che avevano la possibilità di studiare solo grazie ad una sentenza amministrativa, quelli che causavano disagio all’università, diversi solo perché non tutti avevamo la possibilità di poter investire migliaia di euro per un corso di preparazione – scrivono – diversi anche perché forse qualcuno ha avuto la sfortuna di frequentare un liceo sbagliato, magari senza un professore stabile, solo la supplente sempre presente ma ogni mese diversa. Diversi soprattutto perché gli studenti italiani ormai vivono la distinzione in categorie, noi di certo eravamo quelli di serie B». Una situazione non facile, «ma abbiamo creduto in un principio, quello secondo il quale tutti noi dovremmo essere considerati uguali per il nostro Paese e per chi nelle istituzioni lo rappresenta».
Da quando sono stati ammessi, «la nostra esperienza di tutti i giorni, la fatica e l’impegno tra quei banchi, i risultati ottenuti sono la dimostrazione che il criterio di merito del test non è reale, non tiene conto delle reali capacità di ognuno di noi». Nella loro lettera gli allievi spiegano come «abbiamo dimostrato che non può essere un test d’ammissione a scrivere il futuro delle giovani generazioni Italiane, solo l’impegno e la voglia di costruire ci dimostrerà chi siamo, sia noi come studenti che voi come rappresentanti delle istituzioni che il nostro futuro lo deciderete».
Secondo i ragazzi «oggi vivere e studiare a Catania ha un costo non indifferente: tra tasse universitarie, libri di testo, affitto della stanza, mezzi di trasporto e sostentamento quotidiano arriviamo in media a ottomila euro annui. Nessuno di noi ha avuto la possibilità di ricevere la borsa di studio proprio perché iscritti con riserva». Ma nonostante il loro status, «paghiamo le tasse e abbiamo i doveri di tutti gli studenti titolari ma continuiamo a vivere con i diritti da riserve».
Quello che viene chiesto alla ministra Boschi è «di farsi portavoce di tutti noi, affinché venga proposta una sanatoria che regolarizzi la posizione di tutte le studentesse e gli studenti entrati in soprannumero nelle facoltà di Medicina di tutta Italia». Una richiesta per «dimostrare quanto valiamo, senza dover costruire il nostro futuro all’estero».
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