C. S. si è laureata in Medicina e Chirurgia a luglio 2009 e si è abilitata a febbraio di quest’anno. Come moltissimi studenti di quella facoltà, ha intenzione di proseguire gli studi conseguendo una specializzazione. Fin qui, tutto normale.
Per quanto riguarda le Scuole di Specializzazione, alcuni posti sono a finanziamento ministeriale, altri sono finanziati dalla Regione, per un numero che varia in Italia in base alle disponibilità economiche della Regione stessa. Il 9 aprile 2010, con un decreto ufficiale, l’Università di Catania ha espresso, citiamo testualmente, «il proprio nulla osta all’attivazione di n. 68 posti aggiuntivi a finanziamento regionale».
C. S. ha vinto il bando per uno di questi posti. Il suo contratto e quello dei suoi sessantasette colleghi, però, è fermo. «Sono usciti i decreti che consentono l’immatricolazione e l’inizio effettivo del lavoro soltanto per i vincitori del bando ministeriale, per gli altri no», ci racconta, a patto di rimanere anonima.
«In genere, i vincitori del bando ministeriale e quelli del bando regionale hanno sempre cominciato a lavorare contemporaneamente, in un unico corso, da quest’anno no. Abbiamo chiesto spiegazioni, e ci è stato detto, dai piani alti del Rettorato (non direttamente dal Rettore, perché non ci ha ricevuto), che la ragione del ritardo è la mancanza di soldi».
La Regione Sicilia, infatti, avrebbe un debito di circa dieci milioni di euro nei confronti dell’Ateneo catanese. «Se, negli anni precedenti, i contratti venivano attivati perché l’Università anticipava i soldi della Regione, attualmente l’Università non ha le disponibilità economiche per farlo». Il punto è che i fondi per le specializzazioni sono in bilancio, alla Regione, ma materialmente non sono ancora stati versati nelle casse dell’Ateneo. «E finché non li avrà a disposizione, l’Università dice di non poter procedere all’attivazione dei nostri contratti».
La Regione, dal canto suo, ha fornito delle rassicurazioni. In data 14 maggio, infatti, l’Assessore regionale alla Sanità Massimo Russo ha inviato una nota ai presidi delle Facoltà di Medicina e Chirurgia e ai Rettori degli atenei di Catania, Messina e Palermo, nella quale si legge che è previsto uno «stanziamento di € 19.204.000,00» sufficienti per il pagamento «dei contratti aggiuntivi regionali di formazione medico specialistica relativi all’a.a. 2009/2010, e precisamente per gli iscritti al 6°, 5°, 4°, 3°, 2° anno di corso, nonché per i contratti regionali assegnati agli specializzandi che inizieranno il 1° anno di corso il 17/05/2010».
Resta il fatto che non ci sono segnali che la situazione si stia sbloccando: «I colleghi del bando ministeriale hanno già iniziato, noi no», sospira C.S.
La Regione ha precisato che, per l’erogazione delle somme indicate, è necessario acquisire «gli elenchi nominativi» degli specializzandi.
«Ma il Rettorato – ha continuato C. S. – non consegna questa lista con i nomi perché giudica insufficienti le rassicurazioni della Regione e chiede il versamento itegrale dei fondi nel breve periodo», sebbene l’assessorato regionale abbia garantito un pagamento parziale di quattro milioni di euro, che sarebbero abbastanza per avviare i contratti degli specializzandi al primo anno.
Ieri mattina, Roberto Lagalla, Rettore dell’Università di Palermo, Antonino Recca, Rettore dell’Università di Catania, e Francesco Tomasello, Rettore dell’Università di Messina, si sono incontrati per discutere della questione, hanno giudicato insufficienti «le determinazioni assunte in sede finanziaria regionale» e hanno ritenuto opportuno «sospendere la sottoscrizione dei contratti fino a definitivo chiarimento della vicenda».
Nel frattempo, i vincitori del bando ragionale di specializzazione iniziano a pensare ai danni che il loro percorso professionale potrebbe subire qualora questo problema non si risolvesse in tempi brevi. Per C. S.: «Il lavoro degli specializzandi si svolge sia in reparto sia in aula. Noi siamo già adesso indietro rispetto al lavoro in reparto, e se cominciassimo tra qualche mese si verificherebbe una situazione inedita: i colleghi ministeriali potrebbero fare esami e seguire lezioni, mentre noi saremmo ancora alle prime fasi del nostro iter. In pratica, sarebbe come se, nello stesso anno accademico, partissero due primi anni». Inoltre: «Stiamo prendendo anche dei provvedimenti dal punto di vista legale perché dobbiamo tutelare la nostra posizione. Abbiamo chiesto una consulenza, speriamo che non ci sia bisogno di andare oltre».
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