Sono passati tre giorni dallo svolgimento del test di accesso a Medicina, una prova nazionale che si è tenuta anche a Catania dalle 11 di martedì scorso. E dalla città etnea sono già oltre cento le segnalazioni di ipotesi di irregolarità raccolte dallo studio legale dell’avvocato palermitano Francesco Leone. Su tutte spicca una contestazione che l’anno scorso ha aperto la strada a una serie di ricorsi al Tar e a migliaia di ricorrenti: la presunta violazione dell’anonimato. A queste si aggiungerebbero le testimonianze di numerosi aspiranti medici che racconterebbero di falle nella sorveglianza attuata dall’ateneo di Catania. «In generale, ci viene detto che i controlli fatti da commissari e vigilanti sono stati blandi», riporta Leone. «I ragazzi potevano alzarsi liberamente e i commissari sarebbero stati disattenti».
«Ci hanno segnalato carenze nei controlli all’ingresso e metal detector facilmente eludibili – dice l’avvocato palermitano, secondo il quale non sarebbe stata prestata sufficiente attenzione – alla presenza di smartwatch», dispositivi capaci di «inviare o ricevere mail con le risposte del test oppure utili per consultare motori di ricerca e forum». E sottolinea che, così come accade anche con l’esame di Stato, «pochi minuti dopo le 11 le domande erano già online». Una misura chiesta da tempo dallo studio legale palermitano – specializzato nel settore dei concorsi pubblici – è la schermatura delle aule nelle quali si tengono le prove di selezione. «Basterebbero dei congegni appositi per impedire il funzionamento agli smartphone e ad altri dispositivi in grado di comunicare con l’esterno».
«In questa prima fase dobbiamo controllare, verificare il più possibile quanto ci viene detto», precisa Leone. Ma una presunta violazione che non avrebbe bisogno di controlli è quella relativa all’anonimato. «Anche quest’anno Cineca (il centro di calcolo al quale il ministero dell’Istruzione si affida per la correzione delle prove, ndr) e il Miur commettono lo stesso errore: nella scheda anagrafica e nella griglia con le risposte era presente il codice numerico identificativo». Un elemento che permetterebbe di «risalire alla prova del candidato, che – specifica l’avvocato – avrebbe potuto dare il numero a un componente della commissione per fare sostituire il test, o qualcuno avrebbe potuto danneggiarlo, facendo annullare l’esame».
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