Mazara, indagati il vescovo Mogavero e l’ex La Piana Usati fondi Cei e regionali per chiesa di S.Lorenzo

Cinque anni di lavori, tre milioni di euro tra fondi Cei e finanziamenti regionali per la realizzazione della chiesa di San Lorenzo di Mazara del Vallo, sorta su un terreno nel cuore del quartiere Trasmazzaro-Miragliano, acquistato dalla diocesi negli anni novanta. Il doppio finanziamento ricevuto è finito al centro di un’inchiesta che coinvolge il vescovo Domenico Mogavero, accusato di truffa e abuso d’ufficio e altre sette persone.

Una nuova tegola si è dunque abbattuta sulla diocesi mazarese. Il prelato, infatti, già lo scorso anno era finito sotto inchiesta per presunti ammanchi milionari e per utilizzo improprio dei fondi dell’8 per mille. Le nuove indagini coinvolgono anche l’ex vescovo di Mazara, Calogero detto Lillo La Piana,  dimessosi dalla guida della diocesi di Messina nel 2015, ufficialmente per motivi di salute.

La parrocchia San Lorenzo venne costruita tra il 2007 e il 2011 e inaugurata appena un anno dopo da Mogavero. A chiedere il finanziamento, pari a un milione e mezzo di euro alla Conferenza Episcopale Italiana, fu proprio monsignor La Piana. Per gli inquirenti la truffa sta nell’aver chiesto anche il contributo alla Regione per la realizzazione della stessa opera. A Mogavero i pm della procura marsalese contestano inoltre di aver firmato falsi contratti e false attestazioni sull’avanzamento e la consegna dei lavori.

I militari delle Fiamme Gialle che hanno condotto le indagini sono chiamati inoltre a far luce sull’enorme buco di bilancio della diocesi. Sotto la lente d’ingrandimento dei finanzieri i tanti conti correnti, tra cui uno segreto, tutti riconducibili alla Curia, che hanno movimentato centinaia di migliaia di euro. Tra i destinatari degli avvisi di garanzia, firmati dalla sostituta procuratrice Antonella Trainito, l’architetto Francesco Scarpitta e l’ingegnere Bartolomeo Fontana che hanno curato il progetto e la realizzazione della chiesa, Antonino Gaudente e Gaetano Stradella titolari delle ditte che hanno curato i lavori e l’ex economo della curia don Franco Caruso, accusato di malversazione.

«Chiederemo un interrogatorio del vescovo per chiarire quanto oggi viene contestato dalla Procura di Marsala», affermano i legali di Mogavero, Nino Caleca e Stefano Pellegrino che sottolineano come «la vicenda ha avuto inizio con la richiesta e l’ottenimento dei finanziamenti alla Regione e alla Cei da parte del vescovo Calogero La Piana. In particolare – sottolineano i legali – secondo l’accusa l’ex vescovo prima e Mogavero successivamente non avrebbero comunicato alla Cei il contemporaneo finanziamento della Regione. Ancora, secondo l’accusa, tutto ciò avrebbe determinato la sospensione o, comunque la riduzione dell’importo finanziato. Però – dicono sempre idue avvocati – la Cei non è mai stata tratta in inganno perché, anche se fosse stata portata a conoscenza del contestuale contributo regionale, avrebbe ugualmente concesso l’ulteriore finanziamento. Peraltro, la stessa Procura dà atto, per averlo accertato, che nessuna somma è stata oggetto di appropriazione da parte del vescovo Mogavero o degli altri indagati, dato che tutte le somme erogate, sia quelle regionali che quelle della Cei, sono state impiegate regolarmente nella realizzazione dell’opera».

Per quanto riguarda la vicenda riguardante i fondi dell’otto per mille, spiegano gli avvocati, «sono stati prodotti documenti e relazioni di difesa. In particolare, in relazione alla vicenda meno chiara relativa ad un bonifico di 100mila euro, del quale il vescovo contabilmente sarebbe stato il beneficiario. È stato provato tramite il codice Iban – affermano Caleca e Pellegrino –, che il suddetto bonifico risulta addebitato sul conto diocesano acceso presso la banca Prossima e accreditato regolarmente a Ernesto La Magna, artista che ha realizzato le opere sacre nella nuova chiesa Madre di Pantelleria e non sul conto del vescovo come dice l’accusa. Si è trattato di un mero errore di redazione della scrittura contabile effettuata da altri. È risultato provato – concludono gli avvocati – che mai il vescovo si sia appropriato di alcuna somma di denaro».

Pamela Giacomarro

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