Gli abiti da sposa, il trucco, la cerimonia in Comune, i testimoni e poi la festa con la torta. Peccato che, per usare le parole degli investigatori, si trattava ogni volta di «un amore che sarebbe durato il tempo strettamente necessario per poter sfruttare lo strumento dei termini previsti dal cosiddetto divorzio breve». Alla base dei matrimoni, finalizzati a far entrare in Italia migranti irregolari, ci sarebbe stata una vera e propria organizzazione. Sono tre le persone oggetto di misura cautelare emesse dalla gip Eleonora Schininà ed eseguite dalla guardia di finanza di Ragusa.
Le modalità erano sempre le stesse: venivano contattate donne single e bisognose di denaro, con le quali, dopo aver ottenuto la disponibilità a contrarre matrimonio con persone sconosciute, veniva pattuito il compenso che mediamente si aggirava attorno ai cinquemila euro. Al centro del business ci sarebbe stata una 52enne di Comiso, originaria di Pomezia, già nota alle forze dell’ordine, che avrebbe svolto il ruolo di wedding planner per questi matrimoni di comodo.
Insieme alla donna, a cui è stato imposto obbligo di dimora, coinvolto anche un 39enne incaricato del disbrigo pratiche. L’uomo, potendo contare su una fitta rete di conoscenze nell’ambito di uffici comunali e di polizia locale, utilizzava un immobile nella propria disponibilità, diroccato e inagibile, indicato in decine di richieste di residenza, mentre in altri casi veniva indicato un altro indirizzo ancora più inverosimile in quanto riferibile ad un supermercato. Lavoro che sarebbe stato coadiuvato anche da un vigile urbano di Comiso. I tre indagati sono ritenuti responsabili di aver favorito la permanenza sul territorio nazionale di migrati irregolari.
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