Con il suo smartphone era diventato un patito delle dirette Facebook, appassionato delle canzoni di Lucio Battisti e dei cavalli oltre a essere innamoratissimo della moglie Anna Russo, con la quale nel 2018 aveva condiviso una sfarzosa cerimonia, con tanto di autotreno al seguito, nella chiesa di Santa Maria di Ognina. Mario Strano sembrava essersi messo alle spalle i tanti guai del passato, quattro condanne per mafia, e quel soprannome – acchiana e scinni – che rimandava ai suoi trascorsi da rapinatore in trasferta. L’ultima bravata l’aveva fatta a Ferragosto 2017 quando, nonostante l’obbligo di soggiorno a Catania, aveva deciso di cambiare aria e trascorrere una vacanza in un resort di lusso ad Altavilla Milicia (in provincia di Palermo) insieme a tutta la famiglia. Il presente farebbe rima con il passato. Ieri notte, trasferito dalla sua abitazione a Picanello in carcere, perché ritenuto l’uomo di vertice di un gruppo mafioso autonomo orbitante nel clan Cappello-Bonaccorsi.
L’indagine Camaleonte ha quasi svuotato casa Strano. Perché tra gli arrestati c’è anche la moglie Anna, la figlia Concetta e il compagno di quest’ultima Luigi Scuderi. Poi ci sono i parenti, e cioè la cognata Pina Russo, il figlio Giuseppe Culletta oltre al cognato Salvatore, meglio noto come Turi dei polli perché titolare di una gastronomia in via Duca degli Abruzzi. In questa storia le donne non sono comparse ma, scrive il giudice dell’indagine preliminare, «figure consapevoli, tenutarie della cassa comune e con conoscenze specifiche dei flussi finanziari». I contanti della droga sarebbero stati l’affare d’oro della famiglia Strano. Soldi, secondo gli inquirenti, ripuliti con investimenti leciti. «Ti ho dato 58mila euro a te – diceva il genero ad Anna Russo – però 40mila euro li abbiamo sugli hoverboard», cioè le tavolette elettriche autobilanciate.
Consapevole del ruolo delle donne sarebbe stato anche l’ex narcotrafficante, oggi pentito, Sebastiano Sardo. Ai magistrati della procura di Catania ha spiegato, senza giri di parole, come funzionavano i presunti affari quando Strano non c’era: «Io me la sbrigavo con la moglie e la figlia – racconta a verbale – gli davo i soldi, parlavo con loro. Lì le femmine sono pericolose, comandano più dei maschi». Tra i personaggi collegati alla famiglia Strano, secondo la polizia, c’è anche Cristian Monaco, bollato come il responsabile degli stupefacenti a San Berillo nuovo. L’occasione che sancisce il legame è il matrimonio di quest’ultimo, celebrato nell’estate 2017. In quell’occasione gli Strano avrebbero messo a disposizione degli sposi una Ferrari bianca, noleggiata a nome del genero di Mario Strano e poi, a nozze ultimate, portata via dalla figlia Concetta. Le foto sono state acquisite agli atti dell’inchiesta.
La storia di Mario Strano e i racconti dei pentiti riportano anche al progetto di costituire, con la benedizione di un pezzo di Cosa nostra palermitana, una nuova famiglia mafiosa a Catania, alternativa ai Santapaola. Un aneddoto legato al passaggio di Strano, insieme ai suoi tre fratelli, proprio ai Cappelo, clan all’interno del quale si sarebbe mosso sempre con molta autonomia in virtù del suo peso criminale. L’adesione alla nuova famiglia sarebbe passata per una serie di punciute – il rito d’affiliazione mafioso – con cui sarebbero stati comminati diversi esponenti mafiosi locali all’interno delle carceri. Un rituale che, una volta usciti di prigione, sarebbe stato rinnovato «alla presenza di boss del calibro di Ciccio La Rocca», si legge nei documenti. Secondo il pentito Salvatore Bonaccorsi a fare da padrino in una di queste cerimonie avvenute nel carcere di Bicocca sarebbe stato proprio Strano – indicato come una persona «furba, un filosofo o un politico capace di manipolare persone e parole» – scegliendo come figlioccio mafioso Francesco Crisafulli.
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