La nave Mare Jonio dell’associazione Mediterranea saving humans è stata sequestrata dalla guardia di finanza con l’accusa per l’equipaggio di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. I militari stanno procedendo a un «sequestro d’iniziativa» perché, dopo essere saliti a bordo dell’imbarcazione, che ieri ha salvato 30 persone a 40 miglia dalla Libia, avrebbero rilevato alcune irregolarità. Proprio per procedere al sequestro è stato consentito alla nave di entrare nel porto di Lampedusa.
«È un atto pretestuoso che affrontiamo serenamente – commenta a Meridionews il capomissione Luca Casarini – L’importante è fare sbarcare le persone salvate in mare. A noi non hanno notificato nulla su queste presunte irregolarità. Anche la volta scorsa, la nostra nave è stata sequestrata, ma poi dissequestrata. Non siamo di certo noi a violare la legge», conclude Casarini che è ancora indagato, insieme al comandante Pietro Marrone, sempre con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, per il salvataggio dello scorso marzo, a 46 miglia dalla costa libica, di 49 migranti e il successivo approdo al molo di Lampedusa.
Già ieri l’imbarcazione aveva chiesto un porto sicuro. «Un conto è una nave della Marina militare, che attraverso il suo ministro di riferimento si assumerà le proprie responsabilità, un altro una nave di privati o dei centri sociali, come la Mare Jonio. Per loro, i porti restano chiusi», aveva sentenziato il ministro dell’Interno Matteo Salvini. Tanto che dal Viminale era stata inoltrata una mail all’associazione in cui «si chiede di “fare riferimento alle autorità libiche” – scriveva Mediterranea ieri sera su Twitter – cioè quelle di un Paese in guerra dove i diritti umani non esistono». Nella mattinata di oggi, l’imbarcazione è entrata in acque italiane e, superato il limite delle 12 miglia a sud di Lampedusa, è stata raggiunta da due motovedette della guardia di finanza per un controllo di polizia in seguito al quale è stato disposto il sequestro.
Intanto, la nave Stromboli della Marina militare con a bordo 36 persone salvate ieri dal pattugliatore Cigala Fulgosi, a 75 chilometri dalla Libia, è arrivata nella rada di Augusta dove i migranti verranno fatti sbarcare. Così ha deciso il presidente del Consiglio Giuseppe Conte nella serata di ieri, dopo la disponibilità ad accogliere i migranti offerta da Francia, Malta, Lussemburgo e Germania.
«La banchina di Augusta come metafora di un nuovo inizio, di una salvezza in cui forse non si sperava più – commentano a MeridioNews dal collettivo Antigone – La città ritorna a essere un luogo di arrivo contrapposto all’esodo continuo di uomini e donne costrette a lasciare questa stessa terra in cerca di una nuova speranza e di una alternativa. Se da un lato Augusta si spopola – aggiungono – e langue in un immobilismo culturale, dall’altro ha il potenziale per rinascere e diventare un luogo inclusivo per chiunque voglia rimanerci o ritornarci».
Il barcone soccorso dalla nave della marina militare «imbarcava acqua e, quindi, era in procinto di affondare, con le persone a bordo prive di salvagenti che erano in imminente pericolo di vita». È così che la Marina ha ricostruito l’intervento di soccorso «in aderenza alle stringenti normative nazionali ed internazionali». Tra le 36 persone recuperate ci sono anche due donne e otto bambini. L’unità combattente della Marina fa parte del dispositivo della missione Mare sicuro voluta dal governo e dal parlamento per proteggere gli interessi italiani nel Mediterraneo centrale. Il pattugliatore Cigala Fulgosi, che conduce «attività di presenza, sorveglianza e deterrenza, anche in ragione all’attuale situazione di sicurezza presente in Libia», ha il compito di proteggere a distanza Nave Capri – anch’essa parte di Mare sicuro – che si trova ormeggiata nel porto di Tripoli dove fornisce «assistenza tecnico-logistica ai mezzi della Marina militare e della guardia costiera libica».
Altri compiti sono la «salvaguardia del personale italiano presente a Tripoli e delle piattaforme estrattive dell’Eni al largo delle coste libiche». Dalla marina spiegano che mentre era impegnato in queste attività, il pattugliatore ha intercettato la piccola imbarcazione con a bordo i 36 migranti, che era in procinto di affondare. Così sono scattati immediatamente i soccorsi. «Io porti non ne do – aveva sentenziato il ministro dell’Interno Matteo Salvini – O si lavora tutti nella stessa direzione o non può esserci un ministro dell’interno che chiude i porti e qualcun altro che raccoglie i migranti. È vero che bisogna chiarire alcune vicende all’interno del governo».
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