mar adentro: il diritto di morire

Il multisala Lario è quasi deserto. La proiezione di mezzanotte, anche se a prezzo ridotto, non richiama molta malagueñi. La sala è piccola e mezza vuota. Il film inizia, dura due ore esatte, e poi finisce. E lasci nei visi (anche) un po’ assonnati degli spettatori un’ombra di commozione – qualcuno ha le lacrime- ma anche una sensazione di impotenza. Nessuno è capace di dare un giudizio definitivo di condanna o di approvazione alla scelta di Ramón Sampedro.

Ramón è tetraplegico dal collo in giù da ventotto anni; dopo tutti questi anni, Ramón non riesce ad accettare questa sua condizione; Ramón di notte sogna di volare e di passeggiare lungo la spiaggia e di mattina si sveglia ancora inchiodato al letto che odia perchè “una vita che limita la libertà non è vita); Ramón è un uomo ironico, che ha imparato a llorar riendo (a piangere ridendo); Ramón ha un unico desiderio: morire. Ma non può nemmeno suicidarsi. Per questo invoca l’eutanasia.
La sua mente è lucida, il desiderio chiaro, la sofferenza percattibile, ma la legge è contro. Non può essere aiutato a morire. Dopo una lungua ed inutile battaglia legale saranno due donne e il loro amore a salvarlo dall’inferno della sua vita e a regalargli la morte.

Quando nel 1996 Ramón Sampedro finalmente é morto, la Sapgna, secondo i racconti degli spagnoli, ha accusato il colpo. Dal punto di vista del diritto niente è ancora cambiato, ma qualcosa si è mosso nella coscienza dei cittadini, soprattutto di quelli giovani. È quello che dimostrano anche gli spettatori che erano al cinema l’altra sera. Anche se prendere posizione non è facile. Ci si pone una domanda senza risposta: il diritto alla vita comprende il diritto alla morte? e dentro quali limiti?
Ima, di Cordoba non lo sa. Sandra, francese nemmeno (si ricordi la vicenda del giovane francese di pochi anni fa). Io come loro.

Il film è ben fatto. Amenabar confezione un altro successo.
Manca (ma è un pregio) la morbosa ricerca della pena e del dolore. La macchina da presa guarda con discrezione verso Ramón (Javier Barden) ma raggiunge il profondo della sua anima, scoprendo il dolore di un uomo che non vive ma sopravvive.
Ramón non ci impone mai il suo punto di vista, la sua decisioe è assolutamente personale (“non parlo a nome di tutti i tetraplegici, parlo a nome di Ramón Sampedro”). È così facendo lascia gli spettatori nel dubbio più atroce. Quando finalmente Ramón beve il bicchiere letale, nella sala Lario di Malaga ci stiamo ancora chiedendo “Ma esiste il diritto a morire?”

Silvia Lo Re

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