Manzoni ritrovato

Finalmente anni di studi critici, analisi su testi manoscritti del Manzoni e un lavoro filologico d’autore ben accurato (dove per filologia d’autore si intende lo studio di più redazioni di un’opera dello stesso autore) hanno portato Dante Isella,  Paola Italia, Giulia Raboni   e Barbara Colli(che hanno svolto questi studi per il Centro Nazionale Studi Manzoniani) ad una “stesura definitiva” dell’opera che ha cambiato la storia culturale d’Italia e ha fatto passare molte notti insonni agli studenti di molte generazioni.

È lo stesso Dante Isella ad svelare i segreti dell’opera sulle pagine del Corriere della Sera di lunedì 23 ottobre.

Secondo Isella le carte autografe del Fermo e Lucia si presentano molto ingarbugliate e complicate al punto tale che Manzoni divise i fogli in due parti scrivendo sulle colonne di destra il romanzo e apportando sulle colonne di sinistra appunti e correzioni. Questa fase del lavoro del Manzoni, che prende il nome di prima minuta, è datata 24/IV/1821-17/XI/1823; ma le correzioni e le aggiunte del Manzoni sono tali da costringerlo a stendere la cosiddetta seconda minuta(Gli sposi promessi) nel vano ed impossibile tentativo, a cui lo stesso Manzoni rinuncerà, di pubblicare l’opera entro il 1824. Dall’analisi condotta sui testi autografi Isella ed i suoi collaboratori si sono accorti che manzoni cercò di far convivere Fermo e Lucia ed Gli Sposi Promessi in un unico tomo, ma purtroppo per lui le incongruenze e le ripetizioni erano troppe, e così come tutti sappiamo Manzoni pubblicò due edizioni dei Promessi Sposi che sono la “ventisettana”(edita nel 1827) e la “qurantana” ovvero l’edizione del 1840 in cui Manzoni applicò il cosiddetto “risciacquo in Arno” ovvero l’uso della lingua borghese fiorentina dell’epoca.

Ma la fase più interessante è secondo Isella quella intermedia,quella che secondo lo stesso Isella rappresenta la fase cruciale per  quella che poi sarà la stesura finale del romanzo. È la fase in cui il Manzoni applica tre diversi livelli di linguaggio: nel Fermo e Lucia infatti il linguaggio risente della cultura europeista dell’Illuminismo; negli Sposi Promessi invece Manzoni utilizza il toscano che apprende minuziosamente cercando e ricercando il lessico nel vocabolario della Crusca; infine dopo la “ventisettana” è nella stesura della quarantana che si ritrova come linguaggio il fiorentino della classe borghese.

Viene fuori da tutto ciò che il Fermo e Lucia è un’opera a sé stante rispetto alle stesure successive dei Promessi Sposi: infatti come osservato dallo stesso Isella il Fermo e Lucia è privo dei sei capitoli incentrati sulla figura della monaca di Monza e l’intreccio della storia appare costruito in blocchi;invece negli sposi promessi prima e nei promessi sposi poi i capitoli sopraccitati appaiono e la storia non è più costruita in blocchi ma bensì ad incastri ed intersezioni.

Anche il punto di vista del narratore appare diverso: mentre infatti nel fermo e lucia il narratore è conoscitore dei luoghi, nelle stesure successive invece è Dio che guarda da lontano a tutto.

 

Questi studi dunque hanno portato alla luce risvolti culturali non indifferenti che forse saranno indifferenti per gli studenti che studiano o studieranno uno dei più grandi capolavori italiani ma senza dubbio saranno molto utili per gli addetti ai lavori.

Rosario Cappello

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