Manifesta 12, la cultura Arbёreshe sbarca al Tmo per tre giorni «Risorsa per comprendere meglio il fenomeno della migrazione»

Un esempio di migrazione vecchio 500 anni. Una testimonianza viva che «l’Italia non è solo un popolo di migranti, ma ha già accolto in passato. E lo ha fatto con un’organizzazione completamente diversa rispetto ad oggi». Questo il punto di partenza di una riflessione più ampia, che affonda le radici nella cultura Arbёreshe restituita dalle parole di Lea Walter del collettivo noMadePer Copresence, progetto collaterale di Manifesta 12, in occasione della chiusura della biennale, il Tmo -Teatro Mediterraneo Occupato, con la collaborazione della Fondazione Ignazio Buttitta, ospiterà la performance di teatro sensoriale proposta dal collettivo. La Piazza Arberia accoglierà incursioni musicali, poetiche e riflessive durante i tre giorni di performance. Sarà possibile anche vedere il film Radio noMade in Arberia e altri filmati documentari sul tema.

«Abbiamo invitato vari esponenti della cultura arbёreshe di Piana degli Albanesi e Santa Cristina Gela e il gruppo di musica e cultura dell’Università di Palermo – continua Walter-  a incontrare il pubblico. L’idea è non solo di parlare della cultura Arbёreshe ma anche capire come si sono integrati, quali erano gli accordi storici e come questo ci può aiutare a vederci più chiaro sul fenomeno della migrazione». Questo esempio è una grandissima risorsa, spiegano dal collettivo. perché ormai la il loro arrivo in Sicilia risale a 500 anni fa. E ciò rende possibile vedere come è evoluta la loro comunità, a livello identitario e sul territorio. Un percorso basato sulla ricerca in merito alla cultura Arbёreshe ma soprattutto sulla memoria e sulla trasmissione culturale.

L’idea di base è la Sheshi, in albanese la piazza, lo spazio pubblico che veniva vissuto in ogni ora del giorno dagli abitanti delle comunità che vi si riunivano per scambiare pratiche, parole, pensieri, note musicali, gioie e dolori. «In gran parte gli Arbёreshe ricordano che sono stati accolti bene in Sicilia, anche se fino a qualche tempo fa pagavano un affitto all’arcivescovato di Monreale per i territori di Santa Cristina Gela e Piana degli Albanesi». Questo compenso che veniva corrisposto, ripercorre ancora Lea Walter, derivava da degli accordi tra gli Stati: quello di origine grazie al tramite di Scanderbeg, il Vaticano e il vescovato di Monreale per la Sicilia. Nel dettaglio prevedeva l’affitto di terre abbandonate, che avevano bisogno di essere coltivate, quindi si basava sui bisogni del territorio. «Si pagavano i dazi ulteriori per occupare queste terre – aggiunge -. Non c’era nemmeno una casa dove ora sorgono quei paesi». 

Ma cosa ha li ha spinti a fuggire e a cercare riparo in Italia? «Scappavano dall’arrivo imminente dell’Impero Ottomano – continua –  che stava conquistando gran parte dei Balcani, la porta dell’Occidente, e quindi da una vera e propria guerra, da un altro paese che li stava invadendo e che in più gli avrebbe imposto la conversione del rito». Alcuni Arbёreshe, riferisce ancora, sostengono che con tutte le terre e i paesi che sono oggi abbandonati sarebbe utile appoggiarsi sulle popolazioni che arrivano qui, perché questi sono Paesi in cui c’è ancora un grande senso di comunità e di appartenenza. «Perché disgregare queste comunità? L’integrazione con la popolazione locale avviene naturalmente, piano piano – prosegue -. La migrazione è un trauma. Se invece si iniziasse da comunità dove loro si sentono protetti, l’integrazione avverrebbe in maniera autonoma. Ma sono processi lunghissimi, non possiamo pensare che bastino dieci o venti anni». 

Un altro tema che si cercherà di approfondire durante la tre giorni è quello legato alla trasmissione della cultura e dell’identità. «Da un lato la cultura Arbёreshe ne è un bellissimo esempio – conclude – dall’altro è allo stesso tempo un esempio di come si stia perdendo il nostro patrimonio immateriale, passando da una cultura popolare viva a qualcosa di folkloristico. È un processo che stiamo vivendo tutti».

In particolare, per l’apertura della Piazza Arberia il venerdi 2 alle 19 il pubblico potrà incontrare Mario Calivà giovane poeta, drammaturgo e autore del libro Portella della Ginestra, Primo Maggio 1947 che tratterà del tema: Il teatro come vettore di comunicazione identitaria . Alle 22 saranno The DAGGS, a portare le sonorità Arbёreshe nello spazio del TMO. Sabato 3 novembre alle 19, il gruppo di ricerca su musica e cultura siculo-albanese dell’Università degli Studi di Palermo presenterà un documentario sul Rito musicale del Lazzaro nelle comunità Arbёreshe di Sicilia. La stessa sera, Stefano Schirò, autore e storico dell’arte, curerà un’incursione poetica insieme ad altri ospiti di Piana degli Albanesi. La performance teatrale Radio noMade in Arberia si terrà il venerdì e il sabato dalle 18.30 alle 23.00 e la domenica dalle 16.30 alle 21.00. 

Stefania Brusca

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