«All’inizio del 2012 diagnosticano a mia figlia di due anni una mutazione genetica. Cerco subito su Internet un’associazione o un sito che mi sostenga nel confronto con questo male incurabile, ma scopro che in Italia non esistono informazioni e gli unici siti web a parlare di Pten sono esteri». Nasce così l’impegno di Claudio che, tramite Facebook, incontra virtualmente Anna e Meri, due mamme con lo stesso bisogno di supporto. «Abbiamo pensato che probabilmente anche altri genitori stessero soffrendo questo tipo di solitudine», continua il genitore. Nasce così Pten Italia, l’associazione che Claudio Ales, Anna Savarino e Meri Caldarola – rispettivamente da Palermo, Vercelli e Milano – hanno voluto creare per colmare un vuoto informativo e istituzionale. Pten è l’acronimo del nome inglese del gene Phosphatase and Tensin homolog, che «quando lavora correttamente aiuta a controllare il ciclo di vita e di morte delle nostre cellule». La mancanza del gene rende soprattutto l’organismo di adulti e bambini indifeso davanti al tumore e favorisce lo sviluppo di alcune sindromi.
Nata dal basso, Pten Italia si è subito imposta nel panorama associativo europeo e mondiale. Oggi è accreditata presso il portale mondiale delle malattie rare Orfanet ed è il riferimento europeo per la Pten. «Siamo un’associazione amica di Telethon e riconosciuti dalla federazione Uniamo, costola di Eurodis, che raggruppa tutte le associazioni di malattie rare italiane», spiega Claudio. A sovvenzionare le loro attività, al momento, è esclusivamente il cinque per mille. «Per via dei soliti intoppi burocratici italiani, questa malattia non è riconosciuta tra le rare che rientrano nei Lea (livelli essenziali di assistenza, ndr) né dà diritto all’esenzione, nonostante gli esami vadano fatti semestralmente. Il rischio tumorale nei bambini è altissimo, vanno sottoposti a controlli con cadenza regolare». Secondo le stime, ad essere affetta da questa malattia è una persona su 200mila, percentuale che starebbe alla base del disinteresse delle case farmaceutiche «che non finanziano le ricerche perché non ne avrebbero alcun ritorno economico», spiega il papà palermitano.
Claudio, intanto, ha cambiato vita: ex dipendente di un società di servizi regionale, ha richiesto il trasferimento al servizio di Educazione alla salute in una struttura ospedaliera palermitana. Grazie al suo interesse e quello della genetista Maria Piccione, referente regionale e parte della commissione europea per le malattie rare, da sei mesi anche nel capoluogo siciliano è possibile effettuare il test del dna per il riscontro delle mutazioni genetiche. Prima il punto di riferimento era il Policlinico di Torino. «Punto alla sensibilizzazione dei pediatri e dei medici di famiglia – spiega Claudio – che non possono conoscere tutte le seimila malattie genetiche rare, ma possono essere correttamente informati sulle correlazioni tra disturbi di varia origine e la mutazione. Alcune forme di autismo, la formazione di lipomi, i problemi alla tiroide o dermatologici sono sintomi indicativi. In molti casi la mutazione viene diagnosticata per caso».
Al momento non esistono cure, ma a Cleveland, in Ohio, è in piedi l’unico centro di ricerca per le sindromi collegate alla mutazione. «Il nostro obiettivo è arrivare lì – conclude Ales -. Attraverso il crowdfunding manderemo un biologo oncologo italiano a Cleveland, così che possa portare da questa parte dell’oceano i risultati della ricerca, attualmente in fase di sperimentazione».
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