Malagiustizia, la denuncia di Morosini «Fermi a quando si andava a cavallo»

Per combattere la mafia in maniera efficace, la magistratura si deve aggiornare. «I magistrati preparati ad affrontare reati di riciclaggio sono pochi», afferma Piergiorgio Morosini, giudice al tribunale di Palermo e segretario nazionale di Magistratura democratica, che ieri alla libreria Feltrinelli di Catania ha presentato il suo libro, Attentato alla giustizia, edito da Rubbettino. «La giustizia – sostiene Morosini – soffre anche di una carenza di risorse e dell’assenza di una legislazione aggiornata». Per tribunali e procure sarebbe necessaria una riforma, «sedersi attorno a un tavolo e discutere di cosa potrebbe essere meglio per la giustizia», dice.

Qualche idea lui ce l’ha. Si dovrebbe partire, innanzitutto, «dalle circoscrizioni, rivedere l’utilità di tribunali con meno di otto magistrati». Uffici piccoli, dei quali aveva parlato anche il procuratore Pasquale Pacifico, segretario del distretto catanese dell’Associazione nazionale magistrati: «Adottando criteri esclusivamente numerici non si tiene conto delle necessità relative», aveva detto, annunciando l’arrivo di quattro nuovi magistrati alla procura di Catania.

Ma il problema non è solo quello. «I tempi sono da snellire – continua il giudice-scrittore –Le procedure di notifica sono rimaste uguali a quando si viaggiava a cavallo, nel mondo dell’informatizzazione non reggono». E poi andrebbero depenalizzati i reati minori, tradotti in illeciti amministrativi per ridurre il carico di lavoro del settore penale: «È impensabile che per la guida senza patente sia necessario rispettare la stessa trafila degli omicidi».

Sulla mafia, poi, c’è da rivedere un po’ tutto, partendo dalla formazione. «Prima di diventare magistrati e anche dopo si devono seguire dei corsi di aggiornamento – dice Morosini – è necessario che anche i poliziotti siano preparati a fronteggiare adeguatamente la corruzione». E se la legge, in questo senso, fosse migliore non guasterebbe. «Le convenzioni internazionali sono un ottimo strumento per battere le mafie – racconta – Da 12 anni aspettiamo che quella di Strasburgo sia attuata». Prevede, per esempio, la possibilità di «gestire meglio infiltrati e agenti in borghese, di renderli operativi». Perché la «vera impunità si conquista in politica, con la mole d’affari che aumenta». I boss del braccio armato di Cosa nostra, del resto, «sono tutti sottoposti a procedimento penale». Rimangono fuori gli altri, quelli «delle imprese». Cioè quelli che «influenzano le istituzioni con il loro potere economico».

Il neo-procuratore capo di Catania Giovanni Salvi è d’accordo. Già un mese fa, infatti, aveva annunciato cambiamenti negli uffici di piazza Verga. «Il settore tributario è quello sul quale punteremo di più – aveva precisato annunciando un sequestro del valore di 30 milioni di euro – Bisogna attaccare la malavita partendo da dove le fa più male: il patrimonio».

[Foto di mira66]

Luisa Santangelo

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