Maria Elena Grassi, candidata dellUdc alle elezioni regionali, ha deciso di abbandonare la campagna elettorale. La scelta è stata comunicata sabato scorso alla segreteria del partito. Lo stesso giorno in cui si è diffusa la notizia dellapertura di uninchiesta da parte della Procura della Repubblica di Catania per utilizzo illecito di dati personali in riferimento allinvio di email elettorali da parte del figlio della candidata a centinaia di studenti e docenti dellUniversità di Catania. «Le polemiche di questi giorni comunica la Grassi mi inducono a ritirarmi dalla imminente campagna elettorale e a continuare a prestare il mio servizio nel mondo della scuola».
Un passo indietro in cui, dicono i vertici dellUdc siciliano, non avrebbe interferito il partito. «La candidatura è nata spontaneamente, così come la decisione di ritirarsi è stata presa in solitudine», sottolinea Filippo Cirolli, capo della segreteria politica siciliana dello scudo crociato. «È una scelta di chi non fa politica di professione e non sa districarsi in un clima così aspro continua Cirolli A noi è dispiaciuto, ma credo che si sarebbe ritirata anche senza lintervento della magistratura». Dal partito quindi nessuna richiesta ufficiale di farsi da parte, ma il comitato elettorale che si riunirà mercoledì a Palermo per approvare le candidature, si ritroverà con un problema in meno. «La rinuncia a questa candidatura spiega la Grassi – vuole ribadire il senso di assoluta onestà e dirittura morale che sempre hanno caratterizzato il mio agire professionale e personale. Impegno e professionalità era lo slogan della campagna elettorale che mi apprestavo a condurre. Mai avrei pensato che affrontare una campagna elettorale comportasse così gravi problemi che, oggi, investono persino la mia famiglia. Le contestazioni iniziano non tanto sui programmi ma sul modo di presentarsi in pubblico». Le indagini dei magistrati dovranno in particolare chiarire il ruolo del figlio, Daniele Di Maria, dal cui indirizzo email è partito lo spam elettorale allintero indirizzario dellateneo. Mentre al centro delle polemiche è finito anche il marito, Nino Di Maria, dipendente dellUniversità e membro dello staff del rettore Antonino Recca, fino a non molto tempo fa presidente regionale del partito con cui si candidava Grassi, l’Udc.
Per il Movimento Studentesco Catanese, che per primo ha denunciato il caso, il passo indietro è «un atto dovuto», ma non basta. «Il vero problema sottolinea Matteo Iannitti, portavoce del Msc sta nel disinvolto trattamento dei dati personali di studenti e docenti. Daniele Di Maria non può essere il capro espiatorio di questa vicenda, che è molto più complessa. Si accertino le responsabilità del rettore e dei dipendenti delluniversità». Nei giorni scorsi il direttore generale Lucio Maggio aveva provato a rassicurare tutti, garantendo che «i dati sensibili degli studenti non sono mai stati violati». Considerato, però, che lemail elettorale è giunta a centinaia di studenti e docenti, i cui contatti si trovano esclusivamente nellindirizzario dellUniversità, resta da capire chi ha fornito questi dati. A maggior ragione se, come dice Maggio, nessun esterno ha violato il database. Fonti interne allAteneo che preferiscono restare anonime spiegano che il mittente del messaggio di posta elettronica non è mai venuto a conoscenza degli indirizzi email dei singoli destinatari, confermando lipotesi avanzata da Ctzen grazie alla consulenza di un gruppo di informatici. E cioè che «è stato utilizzato un indirizzo istituzionale circolare».
Linvio ai numerosi destinatari interni alla mailing list dellateneo avviene infatti attraverso un unico indirizzo creato appositamente dai tecnici dateneo. Basta mandare unemail a questo indirizzo perché automaticamente questa venga girata a tutti gli iscritti. È necessario, però, che il mittente venga abilitato dai tecnici delluniversità. Chi ha abilitato lindirizzo email di Daniele Di Maria? A questa domanda i vertici dellateneo catanese non vogliono rispondere. Ed è proprio in questa direzione che starebbe indagando la polizia postale su ordine della Procura.
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