Mafia su Sant’Agata, tutti assolti al processo Per il tribunale etneo «il fatto non sussiste»

Il fatto non sussiste, tutti assolti. Così si è concluso nella tarda mattinata di oggi il processo per le presunte infiltrazioni mafiose nella festa di Sant’Agata.

La quarta sezione penale del tribunale di Catania si è così pronunciata per l’assoluzione di tutti e sette gli imputati, compreso Pietro Diolosà, ex presidente del circolo cittadino per le festività agatine, per cui la procura aveva chiesto la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa.

Tra gli assolti anche Nino e Francesco Santapaola, Enzo, Alfio e Vincenzo Mangion e Salvatore Copia. Tutti nomi noti delle criminalità catanese, che erano accusati di associazione mafiosa finalizzata a ottenere ingiusti vantaggi nell’ambito della festa.

Il processo, partito nel 2008, si basava sulle deposizioni dei collaboratori di giustizia Natale Di Raimondo, reggente a metà degli anni ’90 del gruppo di Monte Po, e di Daniele Giuffrida, membro del clan D’Emanuele che opera in via Plebiscito, entrambi affiliati alla famiglia Santapaola. I due collaboratori di giustizia parlano esplicitamente della gestione delle candelore da parte dei clan mafiosi negli anni tra il 1992 e il 1998. Secondo le indagini delle Procura, Cosa Nostra avrebbe controllato i tempi e le modalità della festa, attraverso il circolo Sant’Agata.

Lo scorso novembre, quando il procedimento era ormai giunto alle battute finali, il pubblico ministero Antonino Fanara aveva svolto la sua requisitoria davanti ai giudici della quarta sezione penale del Tribunale di Catania, presieduta da Michele Fichera. Fanara aveva chiesto la condanna a due anni di carcere per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa di Pietro Diolosà, ex presidente del circolo Sant’Agata della Collegiata, che aveva in mano la gestione della festa. Richiesta invece l’assoluzione per altri sette presunti affiliati al clan Santapaola, non perché non ci fossero abbastanza elementi per sostenere l’accusa, ma in quanto i sette sono già stati condannati in altri processi per lo stesso reato.

Redazione

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