Mafia, quando i giovani ritwittano Giuseppe Fava Il libro per le scuole per raccontare il giornalista

«Giuseppe Fava lo capisce anche un ragazzino di 13 anni, come lo ero io quando in una sola notte ho divorato uno dei suoi testi, restando sorpreso di come un catanese avesse potuto descrivere così bene Palermo». A parlare è lo scrittore Fabio Giallombardo, professore di Lettere al liceo classico di San Benedetto del Tronto e autore di Cosa vostra – Mafia e istituzioni in Italia (Autodafè), durante la tappa catanese del tour di presentazione del testo pensato per le scuole. Da quella notte, però, molte cose sono cambiate e in mezzo c’è stata la rivoluzione di internet. Ecco perché al testo scolastico che si propone di raccontare – dagli anni ’40 ai giorni nostri – mafia, storia e politica siciliana, si affianca oggi un nuovo strumento: i social network.

«L’idea è quella di rileggere i testi teatrali e gli articoli di giornale di Giuseppe Fava attraverso Twitter, per fornire agli insegnanti il punto di partenza per una discussione in classe e metterli nelle condizioni di utilizzare un linguaggio più vicino a quello dei loro studenti, approcciandosi alla lettura attraverso i social network», spiega la siciliana Carmelinda Comandatore, social media strategist e ideatrice del progetto #LeggendoCosaVostra. «Da qualche anno – continua – mi occupo di curare testi per il web e recentemente mi sono appassionata ai social e alle dinamiche che si creano nella condivisione di questi contenuti».

Così quando ha sentito parlare per la prima volta di social reading ha colto subito la nuova opportunità di leggere o rileggere un testo attraverso dei tweet, i famosi cinguettii di 140 caratteri. Ma come raccontare la storia di Giuseppe Fava in uno spazio così ridotto? «Non è assolutamente possibile, e infatti lanceremo degli spunti di riflessione da citazioni e testi che, attraverso l’hashtag #LeggendoCosaVostra, possano dar vita a commenti e mettere a confronto gli studenti italiani. Non solo su Fava, ma anche su tanti altri scrittori». «Spesso l’educazione alla legalità si ferma solo a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, senza entrare fino in fondo con le dita nel marcio della storia», commenta Giallombardo, nato a Padova ma cresciuto a Palermo. 

«Il sistema retorico comunicativo di Fava è perfetto per i ragazzi». Dopo aver raccolto i testi l’autore li ha sottoposti al giudizio del figlio 13enne, che ha sottolineato le parole che non conosceva. Poi ha creato un capitolo introduttivo di storia, in cui affronta il problema della mafia dal punto di vista antropologico, e uno di chiusura, in cui si parla del periodo successivo alla morte di Fava interpretando il suo pensiero come fosse una profezia. «È un’antologia ragionata che ha l’ambizione di scrivere la storia, o la controstoria, del rapporto tra mafia e istituzioni, prendendo come punto di riferimento Pippo Fava. Ogni paragrafo si apre con una sua citazione che spiega il periodo storico, a cui segue la mia spiegazione. Per concludere ho inserito il pensiero di un altro scrittore del tempo, affrontando così 150 anni di storia dall’Unità d’Italia ai giorni nostri».

«Ci sembra un’iniziativa lodevole che permetterà di far conoscere Giuseppe Fava a sempre più giovani», afferma Francesca Andreozzi, vicepresidente della fondazione Fava e nipote del giornalista siciliano. «Un impegno che la fondazione porta avanti da anni attraverso gli incontri organizzati nelle scuole, oltre a quelli istituzionali del 5 gennaio (anniversario della morte del giornalista, ndr) e del 15 settembre (anniversario della nascita, ndr), che hanno l’obiettivo di rendere la figura di Fava un esempio per le nuove generazioni».

Giorgia Lodato

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