Finalmente, dopo lunghi mesi di dibatti parlamentari vacui e fatui, lAssemblea regionale siciliana, nella seduta del 26 aprile, affronta un argomento serio e congeniale ai Palazzi della politica della nostra amata Isola: la mafia. Era ora! Finalmente, i rappresentanti delle nostre istituzioni parlamentari si assumono la responsabilità di auto-rappresentarsi per quello che sono e non per quello che dicono di essere. Oggi, a Sala dErcole, niente apparenza: solo realtà.
Ci vogliamo complimentare con il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, che oggi avrà loccasione di raccontare un pezzo importante della sua vita pubblica, supponiamo ricca di spunti culturali ed epistemologici. E un ringraziamento particolare va al presidente dellArs, Francesco Cascio, che oggi dà al parlamento siciliano la possibilità di cimentarsi un racconto quasi ontologico dei rapporti tra politica e mafia.
Oggi, per la Sicilia – per le istituzioni autonomistiche siciliane – è una giornata storica. Fino ad oggi, infatti, abbiamo sempre parlato del binomio mafia e politica. Dal volume – che ormai è un classico – Mafia e politica di Michele Pantaleone fino ai nostri giorni, la parola mafia è sempre stata davanti alla politica. I mafiosi, nel 1943, con lavallo americano, conquistavano e sottomettevano la politica. I partiti politici, negli anni successivi, venivano colonizzati dalla mafia. La magistratura, nel corso degli anni, indagando sulla mafia, metteva sotto inchiesta e arrestava i politici.
Da oggi cambia tutto. Oggi, a Sala dErcole, è la politica che parla di mafia. Sono le istituzioni che, dando spazio a questo argomento, lo nobilitano e gli danno dignità parlamentare, assumendosene la paternità storica e, perché no?, anche auto-ermeneutica.
Finalmente a Sala dErcole avremo un dibattito di alto profilo. Con argomentazioni nuove, contestualizzate e, forse, anche vere. Con novità antropologiche e, con molta probabilità, anche linguistiche.
Oggi capiremo perché i bravissimi funzionari dellAssemblea regionale siciliana, una volta a contatto con la politica, scrivono leggi incomprensibili, offrendo al presente e al futuro un ricco contributo alla decadenza della lingua.
Il legame tra decadenza della lingua e potere, nelle società evolute, o presunte tali, è sempre stato strettissimo. Uno scrittore e polemista del nostro Paese sosteneva, addirittura, che la decadenza di un Paese iniziava con la decadenza della lingua. Basta leggere la legge finanziaria approvata la scorsa settimana dallArs, per capire che la classe politica e burocratica siciliana, più che in caduta, sembra ormai precipitata negli abissi.
In Sicilia la decandenza della lingua – che un qualunque abitante della Isola può verificare acquistando una qualunque copia della Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana – acquista una dimensione particolare, quasi ‘onirica’. E impensabile-pensare che la cultura mafiosa non abbia inquinato anche la lingua della politica e della burocrazia. La parola è fatta anche per mascherare il pensiero. Quando è scritta – per dare vita a una legge incomprensibile ai più – svolge unulteriore quanto speciale funzione a-sociale: nascondere ai cittadini gli imbrogli, spesso anche mafiosi, della politica.
Oggi, con il dibattito in scena a Sala dErcole su politica e mafia (la politica prima, la mafia dopo), capiremo tante cose. Finalmente la lingua si farà carne. Forza politici siciliani: fateci sognare. Come direbbe Sergio Caputo, il futuro vi aspetta, con le cosce di fuori.
Foto in alto tratta da mafiafamilytree.com
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