Pachino, San Cataldo, Mistretta, San Cipirello, Torretta, Misterbianco e Mezzojuso. Sono questi i sette Comuni siciliani che sono stati sciolti per infiltrazioni della criminalità organizzata durante l’anno che si è appena concluso. «Nel 2019, considerando anche le proroghe di precedenti scioglimenti – tirano le somme dall’associazione Avviso Pubblico – si ottiene la cifra (a livello nazionale, ndr) più rilevante di questi 29 anni», cioè da quando nel 1991, è entrata in vigore la legge.
La Sicilia è seconda solo alla Calabria, dove sono stati otto (uno solo in più) gli enti la cui gestione amministrativa, durante lo scorso anno, è stata affidata a una commissione straordinaria. «Sono tutte amministrazioni collocate nel Meridione del Paese», fanno notare da Avviso Pubblico: otto in Calabria, sette in Sicilia, tre in Puglia, due in Campania e uno in Basilicata.
A Pachino, in provincia di Siracusa, il consiglio comunale è stato sciolto, lo scorso febbraio, perché oggetto di ingerenze da parte della criminalità organizzata. L’esigenza di passare al setaccio quanto avvenuto nella politica locale ruota attorno al nome di Salvatore Giuliano. Il capomafia dell’omonimo clan, infatti, è ritenuto vicino ai consiglieri comunali Salvatore Spataro e Massimo Agricola. Con loro, e anche insieme all’ex sindaco Paolo Bonaiuto, è stato coinvolto in un’inchiesta su concussione e spaccio di droga. Lo scorso ottobre, inoltre, Giuliano e Spataro (che per gli inquirenti sarebbe stato il punto di riferimento del boss all’interno del consiglio comunale) hanno ricevuto un avviso di garanzia in merito a un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catania per associazione mafiosa.
A marzo, a poche settimane dalle elezioni, contemporaneamente arriva lo scioglimento per i Comuni di San Cataldo (nel Nisseno) e Mistretta (in provincia di Messina). Su San Cataldo l’inchiesta Pandora ha portato alla luce una commistione di interessi nel settore dei rifiuti tra funzionari comunali, imprenditori e un carabiniere infedele. A Mistretta, invece, le infiltrazioni della mafia nell’amministrazione pubblica sarebbero emerse con l’inchiesta Concussio. A finire al centro dell’attenzione sono state le estorsioni agli imprenditori che avrebbero dovuto riqualificare le opere di Fiumara d’arte. Tra i protagonisti anche l’ex consigliere comunale Vincenzo Tamburello. L’uomo avrebbe chiesto, per conto della famiglia mafiosa locale, una somma di almeno 35mila euro. I soldi sarebbero andati alla «signorina», identificata dagli inquirenti in Maria Rampulla, oggi deceduta e sorella di Pietro e Sebastiano, il primo dei quali condannato per essere stato uno degli artificieri della strage di Capaci.
Nei primi giorni dell’estate è la volta di San Cipirello e, qualche mese dopo, di Torretta, entrambi nel Palermitano. Quest’ultimo Comune era già stato sciolto per mafia nel 2005 (procedura poi archiviata nel 2014). Qui il primo cittadino Salvatore Gambino è stato arrestato, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, nell’ambito dell’operazione New Connection messa a segno dalla polizia con il supporto dell’Fbi statunitense. In particolare, per gli inquirenti, ci sarebbe stato un «rapporto perfettamente simbiotico tra il sindaco e Calogero Christian Zito (figlio di Stefano, il presunto capofamiglia locale, ndr) nelle scelte relative alle alleanze, alle tattiche politiche, ai soggetti da inserire in lista quali candidati alla carica di consigliere comunale e alla nomina degli assessori», in riferimento alle elezioni comunali del 2018.
A settembre, come una batosta, arriva la notizia dello scioglimento di Misterbianco. Nella cittadina del Catanese, che era stata tra i primi enti sciolti per infiltrazioni della criminalità nel 1991, la procura etnea con l’inchiesta Revolution Bet 2 ha scoperchiato un sistema tra mafia e scommesse online. Tra gli arrestati c’è anche l’ex vicesindaco Carmelo Santapaola. Il vice del primo cittadino Nino Di Guardo è accusato di essere titolare, insieme ai fratelli Carmelo e Vincenzo Placenti, dell’Orso bianco caffè. Un bar, intestato al figlio di Santapaola, sequestrato un paio di settimane prima per presunte irregolarità nel circuito delle scommesse.
L’anno sta per finire quando, dal Consiglio dei ministri, arriva lo scioglimento per il Comune di Mezzojuso per «accertati condizionamenti da parte delle locali organizzazioni criminali». Il piccolo centro del Palermitano, negli ultimi due anni, è finito al centro della cronaca per la vicenda che riguarda le sorelle Napoli. Le tre donne che hanno denunciato vessazioni e raid sui loro terreni, ricostruzione più volte smentita dal sindaco Salvatore Giardina.
In totale, dal 1991 a oggi, sono stati 82 i Comuni siciliani che hanno subito provvedimenti di scioglimento a causa delle infiltrazioni da parte della criminalità organizzati. In particolare nove in provincia di Agrigento, otto in provincia di Caltanissetta (con un annullamento e un’archiviazione), 12 in provincia di Catania, uno solo a Enna che si è concluso con la procedura di archiviazione, cinque nel Messinese, 35 nel territorio del Palermitano (con un annullamento e una archiviazione), tre nella provincia di Ragusa (con un annullamento), due nel Siracusano e otto nel Trapanese (con due archiviazioni). La cifra raggiunta quest’anno nell’Isola era stata superata solo negli anni immediatamente successivi all’entrata in vigore della legge, nel 1992 e nel 1993, quando erano stati nove i Comuni sciolti per mafia. Dal 1994 al 2018, poi, non erano mai stati più di cinque, considerando anche gli annullamenti e le archiviazioni.
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