Milleduecento euro al mese di sanzioni. A fronte di segnalazioni che riguardano esclusivamente aree non spazzate. È quanto emerge dal materiale pubblicato sul sito del Comune di Catania a proposito del raggruppamento temporaneo di imprese Senesi ed Ecocar, che nel capoluogo etneo si sono aggiudicate – uniche contendenti – la gara ponte per il servizio di igiene urbana in città. E se di entrambe si è già detto molto, una nuova pagina sulla marchigiana Senesi è stata scritta ieri dalla Direzione investigativa antimafia, che ha eseguito le ordinanze di custodia cautelare emesse dal tribunale di piazza Verga nell’ambito dell’inchiesta Gorgoni. Su un intreccio tra mafia, politica e imprenditoria specializzata nel settore della raccolta dei rifiuti. Con l’accusa di corruzione è finito in manette il rappresentante legale di Senesi, Rodolfo Briganti, che – per gli inquirenti – avrebbe lavorato ai fianchi dell’amministrazione di Aci Catena per ottenere l’annullamento delle sanzioni elevate dal Comune per i disservizi riscontrati dai cittadini. «Adesso mi sembra che siamo arrivati a 50mila euro», dice – a luglio 2016 – un uomo, identificato come un dipendente di Senesi, parlando con l’ex sindaco Ascenzio Maesano. «Di penale», interviene quest’ultimo. «Se riesci a farmi recuperare quello che riesci», continua il lavoratore. «Ma già te li hanno tolti. E come te li restituisco?», domanda l’allora primo cittadino. «Deve annullare le sanzioni. Deve dire “rivista la sanzione”…». «Strappiamo tutto, gli ho detto – replica Maesano – Partiamo da oggi e strappiamo tutto». Le penali, che a settembre 2016 sono aumentate fino a quasi 118mila euro, però, non vengono annullate.
Nel settore della raccolta della spazzatura le contravvenzioni per i disservizi sono un problema pesante. Non solo per una questione spiccatamente economica, ma anche burocratica: un servizio non eseguito a regola d’arte danneggia le imprese nella partecipazione a ulteriori gare d’appalto con enti pubblici. Cosa che, per un’azienda come Senesi, è un intralcio non da poco. A maggio 2017 la ditta prende servizio – insieme alla Eco.Car, di proprietà della famiglia Deodati, la stessa della Ipi – nel Comune di Catania. Vincendo, da unico raggruppamento temporaneo d’imprese partecipante, il mini-bando da 106 giorni rinnovabili. E, di fatto, rinnovato un paio di mesi fa, dopo la naturale scadenza e dopo che – per la seconda volta – la gara settennale promossa da Palazzo degli elefanti del valore di 319 milioni di euro è andata deserta. Così, almeno fino alla fine di quest’anno, sarà l’azienda adesso sequestrata a occuparsi dello spazzamento all’ombra dell’Etna. Nonostante i notevoli disservizi riscontrati anche dal sindaco Enzo Bianco in persona che, in una nota diffusa alla stampa, alla fine di ottobre, sottolineava: «La città non viene pulita come dovrebbe». In questi casi, da capitolato d’appalto, le multe previste per le aziende sono salatissime. Ma nel primo trimestre di attività di Sen.Eco., in realtà, quasi non ne sono state emesse.
A chiedere chiarezza su questo punto è stato per primo il movimento politico Catania bene comune. Che ha formulato una richiesta di accesso agli atti per conoscere, di preciso, l’operato dei 15 sorveglianti che l’amministrazione fa scendere in strada per controllare che la raccolta della spazzatura non subisca inciampi. A guardare i documenti, però, la fotografia è quella di una città pulita e di un raggruppamento d’imprese che non viene sanzionato. A giugno 2017, a fronte di 22 segnalazioni, l’amministrazione procede solo per quattro, spiegando che per tutte le altre i disservizi sono rientrati. Anche se sono gli stessi verbali a suggerire che non è così: il 22 giugno vengono segnalati cinque cassonetti rotti capovolti. Il 26 giugno la segnalazione recita: «Si confermano i cinque cassonetti rotti capovolti». E il giorno dopo i cinque cassoni sono ancora là, sempre rotti, ma stavolta non capovolti. Secondo l’appalto, però, ogni manutenzione dei contenitori non effettuata costa alla ditta 300 euro al giorno, per ciascun intervento. La moltiplicazione è facile: sono quasi diecimila euro di multa, in meno di una settimana. Quel mese, però, viene applicata solo una sanzione cumulativa da 1200 euro per quattro aree non spazzate.
La stessa identica somma si ripete poi a luglio e ad agosto. Stavolta, però, l’elenco dei rilievi dei sorveglianti è ridotto all’osso: due aree pubbliche parzialmente spazzate a luglio. E quattro aree pubbliche parzialmente spazzate il mese successivo. Importo sempre uguale. Per il resto, secondo chi dovrebbe controllare la raccolta in città, sarebbe stato tutto perfettamente in regola. «Di questo non mi occupo io», puntualizza immediatamente l’assessore all’Ecologia Rosario D’Agata, interpellato da MeridioNews per chiedere chiarimenti a proposito del sistema sanzionatorio. Rimandando ogni possibile risposta ai due dipendenti comunali che si occupano di questo tema: il dirigente dell’Ecologia Leonardo Musumeci e il direttore dell’esecuzione del contratto Orazio Fazio. Quest’ultimo, però, rinvia a Musumeci. E Musumeci non risponde al telefono. La richiesta di accesso agli atti di Catania bene comune riguardava anche i turni di lavoro dei sorveglianti, le aree interessate dai controlli, la cadenza. Tutte informazioni che, secondo il movimento, sono necessarie a fare chiarezza sull’argomento munnizza a Catania. Quei documenti, però, non sono arrivati.
«Stiamo preparando un incartamento da inviare in procura», dichiara Matteo Iannitti di Catania bene comune. «Noi abbiamo fatto tutti i passaggi che ritenevamo necessari: abbiamo inoltrato le nostre richieste di accesso agli atti a tutti i dirigenti coinvolti, che dunque ne sono informati. Adesso ci rivolgeremo alla magistratura e all’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione. Perché sanzioni sempre uguali d’importo, in un sistema come quello che le inchieste hanno evidenziato, meritano la dovuta chiarezza». E un riferimento, seppure più generico, all’appalto del municipio etneo arriva anche da Mirko Viola, segretario dell’associazione Città Insieme, che da anni si occupa di vegliare sulla nettezza urbana – e l’iter amministrativo a essa collegato – nel capoluogo. «La magistratura farà il suo corso – dice Viola – Ma dai nostri governanti ci aspettiamo chiarezza, subito. A cominciare da tutti gli altri appalti che vedono aggiudicatarie le due società (oltre a Senesi, la Ef servizi ecologici, ndr) coinvolte in questa inchiesta, l’ennesima che tocca il disgustoso mondo degli affari nei rifiuti».
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