Mafia, collaboratore condannato a 20 anni per omicidio Un anno a commercianti che negarono pagamento pizzo

Vent’anni. Questa la condanna, durissima considerando il rito celebrato in abbreviato che prevede lo sconto di un terzo della pena, decisa dalla gup Maria Cristina Sala per Salvatore Sollima, collaboratore di giustizia dal 2015. Una sentenza che lo condanna per l’omicidio di Girolamo Bruno, ucciso nella sua villetta di Aquino nel 2006 perché coinvolto in un traffico di droga tra la Campania e la Sicilia, oltre che per i reati di associazione mafiosa ed estorsione plurima e aggravata. 

Con lui sono stati condannati a un anno di carcere ciascuno tre commercianti che avevano negato di avere pagato il pizzo: si tratta di Carmelo e Pietro Ribaudo, padre e figlio, e di Francesco Scalzo. Nel processo i tre commercianti erano imputati perché si erano rifiutati di ammettere di avere pagato le estorsioni. Dopo che Sollima aveva confessato, i Ribaudo e Scalzo avevano riconosciuto di essere stati sottoposti a vessazioni solo dal pentito e non dagli altri che avrebbero agito con lui.

Sollima, che abitava a Villabate, ai magistrati ha raccontato anche dell’omicidio commesso tredici anni fa. Secondo le sue rivelazioni ai magistrati, a dare il mandato di morte sarebbe stato Rosario Profeta, ma alle dichiarazioni del collaborante contro il mafioso di Santa Maria di Gesù non sono stati trovati riscontri sufficienti nemmeno per portarlo a giudizio.