L’uomo che ha più paura dell’accensione del Muos Il vicino delle parabole col defibrillatore nel cuore

Il cuore di Salvatore Terranova ogni tanto si ferma. Nel senso letterale e non metaforico del termine. Stop lunghi fino a qualche secondo, dicono i medici che gli hanno messo un defibrillatore che ha il compito di far ripartire il custode delle sue emozioni. Ma da alcuni giorni nel cuore del 55enne di Niscemi la preoccupazione e la paura non lasciano spazio ad altro. Da quando ha letto che il Muos verrà acceso per tre giorni, insieme alle altre 46 antenne della base Usa, per consentire ai verificatori di effettuare le misurazioni dei campi elettromagnetici, il signor Terranova fatica anche a prendere sonno. Lui, che abita a circa un chilometro in linea d’aria dalle parabole e a 220 metri dall’antenna più grande, quella a bassa frequenza. «Già le antenne mi creano danni: i cellulari e i computer non funzionano se attaccati alla rete elettrica, le bollette della luce certi mesi raddoppiano misteriosamente a parità di consumi e ogni volta che vado all’ospedale a Catania per i controlli, trovano il defibrillatore fuori fase. Il cardiologo mi dice “Ancora non se ne va da Niscemi?”, ma io ho solo questa casa in campagna, dove devo andare?». 

Le tre parabole del sistema satellitare di comunicazioni militari della marina statunitense dovrebbero essere accese dal 13 al 15 gennaio. Lo hanno chiesto i verificatori nominati dal Consiglio di giustizia amministrativa che hanno il compito di misurare, per la prima volta, i campi elettromagnetici mentre sono in funzione sia le 46 antenne che il Muos. «Sono preoccupato, io non mi accorgo se il defibrillatore ha problemi, me ne rendo conto solo se il cuore si ferma e sarebbe tardi», spiega Salvatore che dal 2010 convive con il sistema elettromedicale. «I medici all’inizio mi hanno detto che i problemi potevano nascere dalle interferenze con le onde elettromagnetiche, ma quando gli ho portato i dati ufficiali dell’Arpa si sono rifiutati di mettere per iscritto qualunque cosa». Cosa farà nei giorni delle misurazioni? «Ho pensato di andare via, magari di trascorrere una giornata in paese, ma poi? La notte devo tornare a casa, e nessuno mi ha spiegato se il Muos sarà accesso per 24 ore consecutive o se ci saranno pause. D’altronde secondo lei l’Arpa, con tutti i problemi che ci sono, si preoccupa che io mi sento male?».

I rischi a cui potrebbe andare incontro il signor Terranova sono sconosciuti. «È chiaro – spiega Massimo Coraddu, professore del politecnico di Torino e consulente dei comitati No Muos – che persone che portano dispositivi elettromedicali, soprattutto di supporto a funzioni vitali, si devono tenere a distanza. i defibrillatori sono progettati per non avere interferenze con frequenze tanto alte come quelle delle parabole. Per dare un’idea, il Muos trasmette a 30-31 giga hertz, le antenne della telefonia a tre giga hertz. Nessuno ha valutato quali possono essere le conseguenze per un soggetto come il signor Terranova. Per il resto, i problemi per la salute di tutti non sono tanto legati a questi due giorni, quanto piuttosto ai prossimi vent’anni». 

Non è la prima volta che il 55enne ha a che fare con i periti verificatori. «I tecnici dell’Istitituto superiore di sanità sono venuti da me quando lavoravano alla loro relazione – spiega Salvatore -, ma in quell’occasione, anziché mettere in funzione tutte le antenne (come era invece previsto ndr), gli americani le hanno accese a gruppi di sei. Sono stati gli stessi tecnici dell’Iss a confermarmelo. Dicevano che i generatori di corrente della base non erano sufficienti per tenerle tutte funionanti contemporaneamente. Gli americani poi, stavano con i periti per controllarli». Anche dal 13 al 15 gennaio sarà sempre il personale Usa ad accendere e spegnere sia le antenne che le parabole. «Saranno loro a comunicare ai misuratori nominati dal Cga i valori impostati – conferma Coraddu – mi auguro che facciano un buon lavoro, noi controlleremo ma non possiamo interferire, ci chiedono solo di fidarci».

Salvo Catalano

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