L’università è una cosa confusa

Caro diario,

Oggi abbiamo ospiti! Le matricole, si sa, non sono poche, e capita spesso che si incontrino compagni di…sventura.
Si camminava per il cortile dei Benedettini, durante quella famosa pausa studio, che significa sostanzialmente chiudere i libri e non riaprirli per… diciamo le successive tre ore.
La vostra matricola preferita, quella che ormai avete imparato a conoscere, si trastullava tra le fronde degli alberi pensando che la giornata era proprio da mare.
Ma gli esami, per dio!, gli esami! Ogni ora, ogni minuto, ogni secondo di studio avrebbe potuto esserle salvifico. Equilibrista a gennaio tra una materia e l’altra, per aprile avrebbe voluto evitare due esami a distanza di un’ora.
 
L’altra matricola, che conoscete solo adesso, vagava come un’anima in pena in cerca di ombra e di un muro dove sbattere ripetutamente il cranio, già appesantito da inutili nozioni.
Osserviamo il comportamento di questo strano esemplare: nel momento in cui una matricola si rende conto di quanto l’università sia una cosa confusa, decide di tentare il suicidio oppure, cosa sicuramente più redditizia (e sadicamente piacevole), di estendere il suo dolore all’intera specie, procurandone il desiderio di estinzione.
I due esemplari si incontrano e, dopo i riti di saluto, si osservano con fare minaccioso: l’una attende che l’altra manifesti chiaramente le sue intenzioni, conscia che la chioma estremamente ricciuta del collega non promette nulla di buono.
«Hai saputo?» comincia il primo.
 L’altra, incerta sul da farsi, si domanda se sia meglio troncare immediatamente la discussione, sicura che non porterà a qualcosa di buono, o inoltrarsi stoicamente in un terreno minato, affrontando a viso aperto le conseguenze della conversazione.
«No! Che c’è di nuovo?» domanda fingendo indifferenza.
«La sessione di aprile…».
La sessione di aprile è generalmente considerata salvifica per qualsiasi studente dotato di vita sociale. È risaputo, infatti, che, per garantire generazioni successive che possano continuare la distruzione del mondo già in atto, restare a capo chino sui libri e non dedicarsi ad uscite di branco è quanto meno sconsigliabile.
Le due matricole si osservano atterrite, mentre gli ignari colleghi perseverano nelle loro dolci non-occupazioni.

Pare che i rappresentanti degli studenti (ma voi li conoscete?) abbiano dimenticato di far passare una richiesta che consenta, agli studenti di Lettere che non siano impegnati in qualunque attività remunerativa, che non abbiano perso un anno e che non stiano per conseguire il celeberrimo pezzo di carta, di sostenere esami anche in questa sessione straordinaria.
«Macché scherzate? Siamo pazzi?! L’anno scorso l’esame l’ho dato!» si intromette un altro studente, la cui quiete è stata bruscamente turbata.
Il pensiero di dar fuoco, come a Giovanna d’Arco, ai cari eletti (…ma da chi?) si fa strada nelle menti dei più.
Io ho parlato con la prof. Tizia, no ma io ne ho discusso con Caio, però Sempronia mi ha detto che…

Panico.

Giorni di duro pellegrinaggio da un ridente paesino etneo al magnifico monastero ridotti a poco più che bruscolini. Se non si possono sostenere esami, a che pro abbiamo studiato, dunque, ci domandiamo? Lo vengono a dire solo adesso?
Le cellette dei professori vengono letteralmente prese d’assalto: magari l’esame lo fai ma te lo registrano a giugno, magari la misericordia divina arriva dove il regolamento d’Ateneo è carente, magari si possono dare crediti liberi o magari puoi evitare di montare un patibolo sulla piramide del cortile e fare appello alla Santa Inquisizione.
Le matricole di cui sopra, iellati più di Ricky Cunningham, abbandonano il muro del pianto e si recano alla Mecca: la Presidenza. Se Maometto non va alla montagna, le matricole vanno alla manager didattica. La sentenza è, ahi noi, equivocabile.

Nel turbinio di opinioni e osservazioni discordanti, l’unica certezza sono…le tasse!

I due temerari eroi di cui questo diario vi racconta le avventure, stanchi di combattere contro i mulini a vento e di viaggiare tra una luna e l’altra, si sono affidati alle mani del crudele destino.
Studiano, sì, per il piacere di farlo.
Nella claustrofobica e tropicale biblioteca dell’ex Monastero, agognando spiagge assolate fresche folate di vento, gli esemplari-matricole-persone attendono giugno… nella speranza che non sia straordinario anche quello.

Luisa Santangelo

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