Prato inglese, canne di bambù, tavole di legno. A Catania. «Eppure qui non mi risulta ci siano i panda», ride amaro Giuseppe Rannisi, coordinatore della sezione etnea della Lega italiana protezione uccelli. Sotto la lente di ingrandimento il nuovo stabilimento balneare Tribeach, sul lungomare etneo, già sottoposto a un’ordinanza della capitaneria di porto che ne ha vietato la balneazione in alcuni tratti, così come già fatto qualche settimana fa con i lidi sul lato destro di piazza Tricolore, accanto alla mega struttura. Uno scempio in un’area «prezioso testimone di quello che era la nostra scogliera naturale prima dellantropizzazione», scrive la Lipu insieme a Wwf Catania, Comitato cittadino Porto del Sole, CittàInsieme e la sezione catanese del Forum nazionale Salviamo il Paesaggio, Difendiamo i territori in una lettera inviata alle istituzioni. Per realizzare la struttura, denunciano le associazioni etnee, è stato stravolto il tipico paesaggio mediterraneo. Per di più «con modifiche permanenti», a danno della flora locale e del panorama finora goduto da cittadini e turisti.
La prima vittima della costruzione, spiegano, è la tipica vegetazione della scogliera lavica, resistente alla salsedine: tra tutte, finocchio di mare e ginestrino delle scogliere. «Varietà che solo Catania, in Italia, può vantare», spiega Rannisi. Piante adesso ricoperte «da un banalissimo prato allinglese si legge nella lettera – Un prato come quello di una qualsiasi villetta dellarea metropolitana». E non va meglio alle particolari formazioni laviche nella parte nord dello stabilimento balneare: forgiate dalla natura a forma di corda, sono state adesso nascoste dall’uomo con le tavole di legno del solarium. «Si spera che i ponteggi che tengono la struttura e che poggiano sulla scogliera non abbiano danneggiato questa ulteriore particolarità vulcanologica-litologica», scrivono le associazioni.
Un danno per il paesaggio mediterraneo, ma anche per i catanesi. La vista del mare è infatti adesso disturbata dalla recinzione metallica e dai gazebo del Tribeach. Senza considerare le antenne e i bagni chimici «in bella vista col loro odore di soluzione chimica che si spande sulla passeggiata a mare dei catanesi». Il tutto impreziosito da una fitta siepe di bambù, che proprio non è andata giù alla società civile catanese. «Ma con oltre quattromila specie siciliane chiede il Rannisi – dovevano scegliere proprio il bambù?». «Negli anni ’60 non c’erano regole né valori conclude – Ma oggi il livello culturale non consente più uno scempio simile».
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