L’associazione Dante Alighieri guidata dalla presidente e professoressa di Letteratura Italiana, Domenica Perrone, in collaborazione con il Museo internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino ha dedicato un incontro al ricordo del giornale L’Ora. Ripercorrendo la storia del quotidiano voluto fortemente dalla famiglia Florio e che accompagnò la quotidianità dei palermitani dal 1900 al 1992.
«Fui direttore del L’Ora nel 1992, un anno importante e fondamentale per la città di Palermo – sottolinea Vincenzo Vasile, giornalista e scrittore – era un giornale impegnato in una battaglia che oggi ci suona consueta come può essere la lotta alla mafia. Un anno che non può essere dimenticato dagli operatori dell’informazione e dagli storici è il 1958 ma soprattutto il vero punto di svolta è rappresentato dal 1963. In quel periodo ben ventidue puntate vengono dedicate dal giornale all’inchiesta sul “Gattopardo”. Ricordo bene i caratteri a scatola del titolo “La mafia dà pane e morte” nel formato lenzuolo – sottolinea Vasile – a quei tempi non c’erano i grafici e quindi probabilmente il formato fu ideato dal direttore Vittorio Nisticò».
Fino a quel momento la parola mafia non era molto pronunciata e il rapporto con le organizzazioni criminali veniva sempre tenuto in secondo piano, per quegli anni L’Ora è stato un giornale rivoluzionario. Un flusso di ricordi che non poteva non toccare il venticinquesimo anniversario della strage di Capaci e l’epoca in cui Giovanni Falcone era direttore degli Affari Penali, che trovò nell’arco delle sue inchieste l’appoggio del quotidiano di via Stabile. «Prima della strage di Capaci forse un segno del destino – continua Vasile – il giornale venne chiuso e per me si chiuse un cerchio». Il giornale L’Ora ebbe il merito di svelare Cosa Nostra senza distaccarsi anche dagli eventi culturali della città.
«La storia di questo giornale non può non partire dalla strage di Portella della Ginestra – racconta Franco Nicastro, giornalista de L’Ora e attualmente dell’agenzia Ansa – fu il primo evento dove si emersero intrecci politici e mafiosi. A quel tempo il panorama dell’informazione era diviso in due blocchi e ricordo ancora il pezzo di Besozzi sull’Europeo guidato da Benedetti. In quell’occasione il giornalista non esitò a raccontare una versione diversa da quella dei carabinieri, ma il suo articolo non venne tagliato o alterato in nessun modo. E contemporaneamente a Palermo si stampavano cinque quotidiani, era l’epica d’oro dell’informazione: La Sicilia del popolo, il Giornale di Sicilia, L’Ora, La Voce della Sicilia e Il Mattino di Sicilia. E in occasione della strage del 1 maggio del 47, soltanto il giornale L’Ora parlò di un coinvolgimento della mafia. Della tragedia a livello internazionale ne parlarono soltanto Le Monde e il New York Times».
La svolta del quotidiano è il 1963 dove collaborano, insieme ai redattori, intellettuali del calibro di Michele Perriera e Leonardo Sciascia: ed è nello stesso che avviene la strage di Ciaculli, così il giornale nel frattempo da Palermo riesce a parlare all’intero Paese e diventa punto di riferimento per la prima commissione antimafia. Il giornale L’Ora ha segnò un periodo storico che ha chiamò in causa e coinvolse con il suo lavoro l’intera opinione pubblica. «Lo sforzo del giornale L’Ora fu quello di parlare di mafia, con una sola F – racconta Antonino Blando, docente dell’Università degli studi di Palermo – ma questa parola fece breccia a livello nazionale solo con l’omicidio del direttore del Banco di Sicilia, Emanuele Notarbartolo. In un susseguirsi di fatti posso dire che solo i giornalisti de L’Ora ebbero il merito di concepire la mafia prima ancora del 1982, anno di introduzione del reato associativo, come organizzazione e non come un fatto isolato. Questo è stato il punto di forza del quotidiano palermitano».
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