Luigi Lo Cascio, il poeta degli SMS

Teatro e cinema, Beckett e Petri, Mafia e omosessualità. Ok e poi? Ma è possibile che Luigi Lo Cascio parli solo della sua carriera e dei suoi esordi teatrali? Basta. Gli abbiamo fatto qualche domanda su quello che interessa a noi: la comunicazione, le lingue e perché no la poesia. Ma anche la pirateria, il doppiaggio e il cabaret.

Noi: “Forse le avranno anticipato…”

Lui: “Avevate detto che mi davate del tu!”

Sorrisi e un po’ di imbarazzo.


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Noi: “TI avranno già anticipato che siamo studenti…”

Lui: “No, non nel particolare.”

Noi: “Allora ci presentiamo; siamo studenti di Scienze per la comunicazione internazionale; non a caso le nostre prime domande riguardano proprio le lingue e la comunicazione.

Qual’è li tuo rapporto con i nuovi mezzi di comunicazione: internet, il telefonino?”

Lui: “Ho cercato di rimandare il più possibile l’acquisto del telefonino e alla fine l’ho dovuto comprare. Facevo tourné teatrali e capitava che mi piantavano agli appuntamenti e poi mi dicevano: “ma se tu avessi avuto il telefonino ti potevamo avvertire”. Mi accusavano di essere troppo arcaico rispetto alle novità. E poi non sono uno schierato, non è che avevo un pensiero preciso sul fatto di non doverne avere.
La cosa che più mi piace è l’SMS, perché secondo me ha a che fare con la poesia per la sua stringatezza, per il fatto di essere così essenziale, usa una scrittura che arriva immediatamente. Nell’SMS, come nella poesia, non puoi togliere nulla, né aggiungere nient’altro.”

Noi: “E internet?”

Lui: “Per me internet, così come il telefonino con l’SMS, è soltanto la posta elettronica e neanche sempre. Cioè… è bello sapere che in qualunque momento, se ti sfugge un nome o non ricordi bene le parole di un testo c’è internet. È sicuramente una cosa su cui faccio affidamento, ma non la pratico giornalmente.”

Noi: “E delle lingue straniere che ci dici? Quali conosci? Sappiamo che ti piace molto viaggiare all’estero; quando sei fuori te la cavi con un inglese maccaronico? Oppure…

Lui: “Diciamo che sono un po’ la vergogna… Quando si va ai festival o ai convegni, io fingo di essere un ragazzo taciturno, timido, riflessivo. Ma il trucco per mascherare la propria incompetenza linguistica è parlare l’inglese molto male!! Per esempio se tu devi dire il nome dell’attore James Caine, lo devi pronunciare JEMS CHEGNEI. Se tu lo pronunci male, l’altro deve supporre che lo sai molto bene per dirlo così male.
L’inglese e il francese non li conosco e mi dispiace molto. Ora mi comincia a mancare sempre di più, perché con il lavoro che faccio mi capita magari di stare a tavola con gente a cui mi piacerebbe dire qualcosa e con cui non riesco ad avere relazioni: ti può capitare di stare con Wenders o Scorsese, e tu stai là e fingi di non amare la sua opera pur di non fare brutta figura con la lingua.”


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Noi: “Sempre a proposito di lingue straniere, visto il successo all’estero dei tuoi film, ne hai mai visto qualcuno doppiato con un’altra voce? Che effetto ti ha fatto?”

Lui: “Dei miei amici hanno visto “I cento passi” in francese. Lì io avevo una voce molto acuta…credo sia abbastanza straniante. Sono andato a Tokyo per l’uscita de “I cento passi” e “Luce dei miei occhi”, risentirmi è stato strano, anche perché lì, attraverso la lingua, passa anche la cultura di un popolo.”


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Noi: “Cosa pensi della facilità con cui si scaricano da internet film e musica?”

Lui: “Essendo un utente così sporadico, non ho un’opinione ben precisa. La pirateria mette indubbiamente in pericolo il lavoro di musicisti e registi. Ma siamo nell’epoca della riproducibilità, l’arte non è più un evento che accade soltanto in un momento e in un luogo particolare.”

Noi: “Sei passato dalle gag demenziali al teatro d’accademia e al cinema cosiddetto impegnato. Come cambia il tuo atteggiamento verso questa professione?”

Lui: “Non ti saprei dire perché faccio l’attore; mi piace custodire questo segreto in me. Comunque penso che alla base di ogni interpretazione ci sia sempre la gioia della metamorfosi, del camuffamento. Tutte le persone che fanno un determinato lavoro, così come l’attore, all’inizio hanno una vocazione abbastanza indeterminata, incerta. Poi questa vocazione si struttura, viene arricchita da nuove riflessioni e da nuovi propositi, da nuovi progetti.”

Ma è già tardi, la nostra esclusiva finisce qui. Lui, Lo Cascio, ci congeda e fa entrare gli altri giornalisti. Soddisfatti ed entusiasti ci accingiamo ad ascoltare i suoi interventi in Auditorium. Ma questa è tutta un’altra storia…
 

Professor Lo Cascio: Il mestiere di fingere
 

Stefania Placenti

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