A più di una settimana dall’inaugurazione del già fin troppo discusso intervento di riqualificazione della piazza Lincoln ho pensato di sfruttare un canale sano e libero come Ctzen. I commenti, legittimi e fondamentali, dal cantiere all’apertura non sono cambiati, poche facce stupite e occhi sbarrati, di contro nemmeno espressioni di disgusto, ma solo una pioggia incessante di «Lavevo detto».
Il ruolo dellArchitetto non è un ruolo semplice. Intervenire in maniera così invasiva e permanente sul tessuto di una città è unimpresa ardua e pericolosa. E impossibile fare un intervento che piaccia a tutti, è difficile innovare e far vedere qualcosa di nuovo; è un concetto tipico dellarte, chi non è abituato a determinati segni si trova senza punti di riferimento, la non conoscenza si esprime in un giudizio negativo. E nella natura delluomo, non siamo capaci di sognare cose che non abbiamo già visto.
Senza entrare nel merito dellintervento, sarebbe ridondante rispetto a tutto ciò che si scritto, perché solo di questo di scritto/detto, si è commentato lintervento dal punto di vista estetico spesso senza averne le competenze, si è discusso sui motivi che hanno spinto un imprenditore a tale opera. Possiamo continuare a discutere del perché delle collinette intorno agli alberi, oppure delleccessiva pavimentazione o della piccolezza della zona dedicata ai cani. Possono non piacere, ma anche piacere.
«E sbagliato che il privato investa nel pubblico», «Lamministrazione è assente», e tutte le classiche critiche del «non ci toccate il peggio che ci sta meglio». Cosa avrebbe spinto unamministrazione assente a fare qualcosa che non ha mai fatto? Al privato, ad oggi, non cè alternativa.
Come detto la prima settimana è passata, forse troppo presto per tirare le somme di qualcosa che ci accompagnerà per anni, ma il problema di fondo non è stato discusso, ovvero la validità sociale dellintervento. In un confronto prima/dopo non è cambiato solo laspetto estetico della piazza, né è cambiata la funzione.
Da rotatoria (questo era) si è passati a un luogo dove a qualsiasi ora del giorno e della sera «succede qualcosa». E un concetto caro agli Architetti, il creare un luogo che dia la possibilità, la voglia e il desiderio di far succedere qualcosa. Una chiacchierata, un abbraccio, un caffè, un libro sotto le fronde degli alberi (che ricresceranno), un passeggiata con il cane, il solo attraversare un luogo luminoso, pulito e vivo è molto meglio di quello che cera prima.
Non ho la verità in tasca, né tutto ciò che dico è privo di errori o di facili entusiasmi, ma voglio solo porre lo sguardo su un altro punto, affrontare la questione da un punto di vista umano. Se la piazza non sarà un successo non dovrà esserlo perché le collinette sono brutte o il pavimento eccessivo, ma perché non è vissuta, perché la città (come insieme di persone) andrà altrove. Quando non succederà più nulla si potrà dire «Lavevo detto».
Nota a margine: se penso a tutto il polverone di piazza Lincoln non oso immaginare cosa succederà con corso dei Martiri.
Saluti,
Claudio Balzano
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