L’Onu e gli Usa che pensano, come sempre, di decidere per tutti

LA CRISI IRREVERSIBILE DELL’ORGANIZZAZIONE DELLA NAZIONI UNITE. ORMAI CERTE DECISIONI SI ADOTTANO NEI VARI “G”

La sessantottesima Assemblea generale delle nazioni Unite sarà ricordata per la svolta impressa dal rappresentante del governo dell’Iran a proposito della paventata costruzione da parte di quel Paese della bomba atomica. Infatti, Hassan Rohani, nel suo intervento all’Assemblea ha operato una svolta radicale rispetto a quella tenuta dal suo predecessore, Mahmud Ahmadinejad. Ha riconosciuto che lo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti è stato un crimine e si è dichiarato disponibile ad ogni verifica internazionale dell’uso civile della centrale di energia atomica in costruzione in Iran.

A fronte di queste affermazioni solenni, il presidente americano, Barak Obama, ha sentenziato che alle parole debbono seguire i fatti e che lui è in attesa di verificarli. Con ciò confermando che gli Stati Uniti, a prescindere dagli orientamenti culturali di chi li governa, si ritengono i depositari del diritto universale di decidere per tutti.

Ancora due notazioni di Rohani – pronunciate nel corso di un’intervista alla Cnn – meritano di essere sottolineate. Una fa riferimento all’occupazione israeliana dei territori palestinesi: “Se i nazisti hanno commesso un crimine contro un gruppo (leggi, ebrei, n.d.r.) allora è giusto sottrarre la terra ad un altro gruppo e occuparla, anche questo è un atto da condannare”; l’altra: “Vorrei dire al popolo americano che porto pace e amicizia da parte degli iraniani”. Di certo non è cosa da poco.

Com’è facile rilevare le azioni poliziesche promosse dall’Onu che non sortiscono alcun effetto concreto, vengono ridicolizzate dalle posizioni distensive che i singoli Stati assumono di loro autonoma iniziativa, anche se annunciate in sedi prestigiose, qual’è di sicuro l’Assemblea generale dell’Onu.

Da qui è facile dedurre che ciò che non va nell’Organizzazione delle Nazioni Unite e la funzione del Consiglio di Sicurezza che non assicura un bel nulla, sia per la sua composizione, che non è per nulla rappresentativa, e sia per le competenze che esso detiene per generosa concessione dei Paesi fondatori che si sono attribuiti poteri che nessuno democraticamente ha loro affidato.

Fatta questa premessa che lega la nostra analisi all’attualità, riprendiamo la lettura del lungo elenco delle guerre ‘locali’ che si sono susseguite durante l’esistenza dell’Onu. Nella precedente puntata oltre a riferire di alcune guerre sparse nel mondo, ci siamo soffermasti nella narrazione della lunghissima guerra israelo-palestinese per la ragione che essa rappresenta in tutta la sua portata il fallimento delle Nazioni Unite.

Oggi vogliamo ricordare tutte le altre con brevi cenni. Ad iniziare dalla guerra di indipendenza algerina, alla guerra ‘civile’ tra Hutu e Tutsi in Ruanda, a quella di occupazione della Cambogia da parte dei Kmer rossi, alla guerra di liberazione del Monzambico nonché quella lampo tra Inghilterra ed Argentina per la sovranità nazionale sulle isole Falkland, o alla deportazione del popolo dei pigmei dal deserto del Kalahari dove una compagnia americana ha rilevato una società olandese concessionaria dello sfruttamento minerario dei diamanti, che se non è una guerra armata lo si deve alla natura pacifica di quel popolo, residente in quelle terre da secoli.

Per venire ai conflitti avvenuti in tempi più vicini ai nostri giorni vogliamo ricordare gli altri conflitti nei quali l’Onu non pare abbia avuto alcun ruolo, anzi si può dire che si è defilato, fatta eccezione per l’intervento degli Stati Uniti di George W. Bush nell’Iraq di Saddam Hussein. In quella circostanza l’Onu fece – per dirla alla catanese – una ‘mala cumparsa’, prese per buone le argomentazioni false fornite dalla delegazione diplomatica statunitense, secondo cui gli americani avevano le prove della presenza in Iraq, di armi chimiche e di armi atomiche nonché della presenza protetta di covi terroristici di Al Qaeda. Circostanze queste che alla fine della guerra di occupazione non venne trovata traccia di nessuna delle presenze nocive portate come prove sicure dagli Stati Uniti a giustificazione della loro richiesta d’intervento militare, al quale, purtroppo, ha aderito anche l’Italia.

Quella che ci sembra più rilevante, però, è la guerra fratricida fra le nazionalità che fino a qualche anno addietro componevano la Jugoslavia. Una realtà storica che, con a capo il generale Tito, era stata capace di tenersi fuori – pur trovandovisi in mezzo – dallo schema dei blocchi contrapposti est-ovest, cioè dallo schema della Guerra fredda ed essere riferimento dei Paesi non allineati. Questo ingombro non poteva continuare a lungo per cui in forma subdola venne infiltrato dall’occidente il tarlo delle varie indipendenze nazionali, vedi Slovenia e Croazia, due nazioni che hanno trovato immediata assunzione nell’ambito dell’Unione europea ed, addirittura, la Croazia oggi è il ventiduesimo paese facente parte del club dell’Euro. L’operazione di disgregazione della ex Jugoslavia è culminata poi con la questione del Kosovo. Qui i fatti parlano da soli. Li rappresentiamo nella loro successione. La popolazione albanese presente nel territorio della provincia serba del Kosovo essendo la maggioranza dei residenti pretende di rappresentare quel territorio e pertanto con l’aiuto dell’esercito mercenario dell’Uçk scatena la guerra d’indipendenza del Kosovo dalla Serbia. In soccorso degli ‘indipendentisti’ kossovari intervengono le forze militari della Nato, guidati nella ‘Guerra umanitaria’ dall’Italia governata dall’onorevole Massimo D’Alema. Queste bombardano la Serbia e la costringono alla resa, indi arrestano il capo del governo serbo, Slobodan Milosevich e lo mandano davanti all’apposito Tribunale speciale per i presunti crimini di guerra nei Balcani da lui commessi. Va ricordato che l’intervento della Nato è stato deciso a seguito della impossibilità di assumere da parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu qualsivoglia risoluzione a causa del solito diritto di veto, questa volta da parte della Russia.

Conclusosi il conflitto armato viene insediato un governo provvisorio con a capo il leader della Lega democratica del Kosovo, altrimenti detti il Gandhi dei Balcani in ragione del suo credo politico che postulava l’indipendenza del Kosovo per via democratica.

Nessuno si era mai sognato di istituire un tribunale internazionale per i crimini di guerra perpetrati dagli Stati Uniti in Vietnam con l’uso del Napalm che se non è un’arma chimica civenga spiegato cosè. Però gli Usa un Tribunale speciale per i Balcani l’hanno voluto ed ottenuto.

In questo frattempo l’Onu aveva incaricato di definire una soluzione per il Kosovo indipendente ad un suo rappresentante, il finlandese Martti Ahtisaari. Questi aveva predisposto una soluzione che prevedeva l’indipendenza di “una realtà multietnica fondata sullo stato di diritto”. Sostanzialmente un territorio indipendente che tuttavia non avesse la definizione di Stato autonomo. Questa soluzione, definita Piano Ahtisaari non venne accolta dalle parti belligeranti che ormai avevano assunto il pieno controllo del Kosovo e si procedette alla nascita dello Stato del Kosovo che ottenne l’immediato riconoscimento degli Stati Uniti d’America.

Questo stato di cose durò appena due-tre anni, il tempo necessario affinché la nazione kossovara ottenesse il riconoscimento di tutto l’occidente nonché la disponibilità dell’Unione europea ad esaminare le condizioni per il suo ingresso nell’Unione.

La cosa più vergognosa si verifica, però, più tardi. In occasione delle prime elezioni democratiche il partito costituito dagli ex mercenari dell’Uçk vincono le elezioni ed il comandante delle truppe mercenarie, Hashim Thaçi, viene eletto capo del governo. E’ stato sufficiente togliersi di dosso la tuta mimetica di mercenario al soldo della mafia albanese per acquisire la dignità di rappresentante legittimo di uno Stato indipendente. Va da se che gli Usa hanno immediatamente insediato una base militare in quel territorio e che da quelle contrade passa il narcotraffico proveniente dall’Est.

Anche se ci limitiamo a citarle, non ci intratteniamo minimamente sulle altre guerre recentissime, alcune delle quali sono ancora in corso. Il Kwait, l’Iraq, la Somalia – le cui conseguenze hanno provocato il recente attentato nel supermercato di Nairobi in Kenia – la Libia, il Mali e l’Afghanistan.

Una notazione finale non possiamo privarci del dovere di evidenziare l’ennesimo fallimento dell’esperienza storica dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Ci riferiamo al mancato attacco alla Siria da parte degli Usa.

Il Consiglio di Sicurezza non era stato capace di assumere una qualche soluzione diplomatica per porre fine alla guerra civile in Siria. E’ stata sufficiente una mossa unilaterale della Russia di Putin per risolvere il nodo dell’uso delle armi chimiche, che aveva rappresentato il pretesto evocato dagli Usa per giustificare un loro intervento militare.

In conclusione una notazione generale. Che l’esperienza Onu sia fallita da tempo è dimostrato ormai da decenni, Da quando le maggiori potenze mondiali hanno dato vita a forme nuove di confronto e nuove sedi di discussione strategica per affrontare e possibilmente risolvere le grandi questioni internazionali. Si era cominciati con i G5, diventati poi G8, quindi G12 ed in seguito G20, in quanto comprende anche i Paesi emergenti del Brics (Brasile, India, Cina, Sud Africa).

E’ in questi incontri periodici che le grandi potenze – impedite nelle loro strategie a pervenire a soluzione dei vari conflitti e le varie diseguaglianze che la globalizzazione delle massonerie finanziarie comporta, a causa del diritto di veto – hanno sperimentato nuove strade alle loro diplomazie.

 

Riccardo Gueci

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