Quando Giovanni Selvaggi, piccolo produttore di olio siciliano, a giugno ha visto le immagini dell’ennesimo attentato terroristico in Tunisia, nella spiaggia di Susa, mai avrebbe pensato che l’onda lunga di quell’attacco potesse arrivare fin dentro la sua casa e la sua azienda di Ragusa. Il Paese nordafricano, reduce dall’unica primavera araba sufficientemente compiuta, è al centro di un tentativo di destabilizzazione del suo assetto democratico. È con questa motivazione che Federica Mogherini, alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri, lo scorso 17 settembre, ha annunciato l’adozione da parte della commissione europea di una proposta legislativa che autorizza l’immissione sul mercato europeo di 35mila tonnellate di olio tunisino senza dazio, in aggiunta alle attuali 56mila tonnellate, già previste dal 1995. Il tutto per due anni, dal 1 gennaio del 2016 al 31 dicembre 2017. Dopo aver ricevuto il via libera dalla commissione Agricoltura, due giorni fa è arrivato anche il sì di quella Commercio. L’ultima tappa resta l’approvazione, ritenuta scontata, da parte di tutto il Parlamento europeo. Sull sfondo le accuse incrociate tra gli europarlamentari siciliani.
Un’apertura che terrorizza i produttori dell’Isola. «Il rischio concreto – spiega Selvaggi, produttore catanese e responsabile del settore olivicolo di Confagricoltura Sicilia – è che il prezzo dell’olio si riduca drasticamente, visto che quello prodotto in Tunisia, di bassa qualità, arriva a costare 100 euro a quintale, cioè un euro a litro. È sempre la stessa storia: si fanno gli accordi bilaterali di libero scambio, ma l’agricoltura delle regioni del Sud resta il muro basso a cui appoggiarsi. La Tunisia esporta prodotti agricoli e compra frigorigeri, condizionatori, servizi, terziario insomma. E la nostra agricoltura che ci guadagna? Questo accordo – aggiunge – non penalizza l’Europa, ma la Sicilia e il Meridione».
L’olio d’oliva è il principale prodotto agricolo esportato dalla Tunisia verso l’Unione, e il settore occupa, direttamente e indirettamente, a più di un milione di persone, cioè un quinto della forza lavoro agricola totale. «Circostanze eccezionali – ha detto Mogherini – richiedono misure eccezionali. La proposta è un segnale forte della solidarietà dell’Ue con la Tunisia». «Capiamo bene che è un accordo umanitario, ma anche mia figlia avrà bisogno di aiuto se io smetterò di vendere l’olio – attacca Selvaggi -. Noi non abbiamo paura delle importazioni, perché siamo sicuri della nostra qualità, ma pretendiamo regole chiare, che al momento non ci sono». Il riferimento è, ad esempio, al costo del lavoro e alle barriere fitosanitarie per evitare le malattie degli ulivi, prodotti vietati in Italia, ma utilizzabili in altri Paesi. «È come se due persone hanno mal di testa: una può prendere l’antidolorifico e l’altra no». La conseguenza è che «in Sicilia un olio buono non può costare meno di 5 euro e 50 al litro, imbottigliato si arriva a 7 euro e 50, mentre in Tunisia si vende a un euro».
Altra critica è rivolta alla tracciabilità. «Sarei ben lieto che il consumatore potesse comprare sapendo da dove arriva la bottiglia che ha davanti – continua il rappresentante di Confagricoltura -, ma non è così. L’olio viene prodotto o comprato in Tunisia o in altri paesi dalle multinazionali, compresi i più importanti marchi italiani, miscelato con olio italiano e venduto come prodotto del nostro Paese, così si riempiono gli scaffali dei supermercati». Una prassi che riuscirebbe ad aggirare quella che la deputata catanese Michela Giuffrida definisce «la legge sull’etichettatura più severa d’Europa». L’europarlamentare del Pd lavora da tempo al riconoscimento Igp dell’olio siciliano. «Costringerebbe a certificare solo il prodotto dell’Isola e diventerebbe un brand immediatamente riconoscibile ai clienti, l’iter è avviato e confido che entro aprile ci possa essere la decisione». Nel frattempo, Giuffrida, che fa parte della commissione Agricoltura, ha espresso voto contrario alla proposta di Mogherini. Cosa che invece non hanno fatto i suoi colleghi del Pd, Alessia Mosca e Goffredo Bettini.
«Gli europarlamentari italiani – denuncia il deputato del Movimento cinque stelle, Ignazio Corrao – sono piegati alla volontà dei due partiti più grandi, il Ppe e il Pse, sempre favorevoli a qualsiasi trattato di libero scambio che favorisce le multinazionali». Ma Giuffrida non ci sta. «È un’informazione distorta e superficiale – spiega -. Io da parlamentare siciliana mi sono opposta e mi opporrò in tutte le sedi e la maggior parte dei colleghi siciliani voterà no, così come i greci, mentre i miei colleghi del Pd in commissione Commercio non hanno contezza dell’impatto che avrà. Questa proposta passerà non perché ci sono ordini di scuderia a cui obbedire, ma perché ogni parlamentare rappresenta il proprio territorio e il danno lo subiranno soprattutto i produttori siciliani e i pugliesi». L’appuntamento con la decisione definitiva del Parlamento europeo è per fine febbraio.
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