L’odissea infinita delle famiglie in isolamento da settimane «Denuncio il presidente Nello Musumeci per danni morali»

«Siamo chiusi in casa dal 26 ottobre, abbandonati a noi stessi e dimenticati da tutti. Questo si chiama prendere in ostaggio le persone. Per questo ho deciso di denunciare il governo regionale per danni morali». A raccontare a MeridioNews alcune delle criticità legate alla gestione dell’emergenza Covid-19 è Eleonora Chicarella. La psicoterapeuta dell’età evolutiva, che è anche insegnante di sostegno a Catania, da tre settimane è in isolamento domiciliare insieme al marito e al figlio di dieci anni. Tutti e tre sono risultati positivi. La loro storia – non di certo un caso isolato – mostra le carenze organizzative del sistema sanitario durante la pandemia: lunghe attese per i risultati dei tamponi, mancanza di comunicazione con l’Asp e l’Usca, strane diciture nei provvedimenti che dispongono l’isolamento domiciliare ed esiti dei test mai ricevuti. Altre due testimonianze arrivano dalla provincia di Catania. «Il mio è un caso disperato», lamenta un cittadino di Maletto, mentre un altro suo compaesano si dice «stanco di una situazione estenuante da cui non sappiamo più nemmeno come uscire».

«Ho deciso di denunciare lo stato di incompetenza e inefficienza – spiega Chicarella – nonostante il presidente Nello Musumeci continui a riempirsi la bocca di parole». Tutto inizia lunedì 26 ottobre quando al figlio di dieci anni viene la febbre alta. Il giovedì successivo anche per la donna arrivano i primi sintomi: «La temperatura è salita fino a 37.2, avevo male alle ossa e mi sentivo la testa pesante». L’indomani madre e figlio vanno a fare il tampone in un laboratorio privato. Dopo qualche ora arrivano i risultati: il bambino è positivo e il medico lo segnala all’Asp per fare partire le procedure burocratiche. Dal test della donna, invece, viene fuori una risposta dubbia. È domenica quando un medico dell’Azienda sanitaria effettua a tutta la famiglia i tamponi molecolari a domicilio

«Da quel momento, è iniziata un’odissea», lamenta la donna che, nel frattempo, aveva sviluppato diversi sintomi (spossatezza, mal di gola e tosse), mentre il marito per tre giorni ha avuto la febbre alta. «Nessuno ci chiama per sapere come stiamo, se siamo vivi o morti». Dopo sei giorni, arriva la telefonata dall’Asp: tutti e tre i tamponi sono positivi. «Quel giorno ricevo via mail il referto del mio tampone – ricostruisce – Il 12 novembre arriva quello di mio marito. Quello di mio figlio, invece, non lo abbiamo mai ricevuto». Nel frattempo, il 10 novembre arrivano i provvedimenti di isolamento domiciliare obbligatorio ma solo per i due coniugi. «Il mio viene disposto perché sono positiva; quello di mio marito solo perché coabitante con me che ero positiva». In realtà, però, lo è anche l’uomo. «La cosa più grave è che tutto ciò che riguarda mio figlio è sparito – denuncia la donna – Non abbiamo ricevuto né tampone né provvedimento. Dopo qualche giorno di didattica a distanza, che ha visto coinvolta tutta la classe che era in quarantena, i compagni (tutti negativi) sono tornati a scuola, mentre lui è rimasto a casa senza nemmeno le lezioni online». 

Intanto, la donna viene contattata dall’Asp per andare al drive in dell’ospedale Tomaselli e ripetere il tampone mercoledì 11 novembre. «Ci dicono che saranno inviati al Policlinico o all’Istituto Zooprofilattico – spiega Chicarella – Passano i giorni, ma dei nostri risultati nemmeno l’ombra. Chiamo le strutture ma ci rispondono che a loro non sono mai arrivati i nostri tamponi. Ma allora che fine hanno fatto?». Chicarella prova a chiamare i numeri dell’Asp e delle Usca e a inviare delle mai, ma senza mai ricevere risposta. «Siamo abbandonati a noi stessi. I sintomi sono passati e stiamo recuperando la salute fisica, ma quella mentale è stata messa a dura prova. Ho anche scritto al presidente della Regione che continua a farsi bello dicendo che ha potenziato Usca e dipartimenti. Ma sa se dietro quei numeri e quelle mail c’è qualcuno che risponde? – si chiede la donna – Quanto ancora dobbiamo stare a casa, dimenticati da tutti?».

E non è un caso isolato. Due storie che si assomigliano nella loro drammaticità arrivano anche da Maletto. «Siamo disperati e non sappiamo come comportarci», lamenta a MeridioNews un commerciante che da 13 giorni è segregato in casa senza mai avere avuto i risultati dei tamponi molecolari. «Dai test rapidi, il 3 novembre, io e mia moglie siamo risultati positivi mentre per le nostre tre figlie l’esito è stato negativo». Le bambine vengono mandate dalla nonna e per i coniugi inizia la quarantena infinita. «Solo oggi sono riuscito a mettermi in contatto con un operatore dell’Asp che mi ha detto che risultano i nostri nominativi ma non l’esito dei test molecolari». Della vicenda l’uomo ha già informato anche i carabinieri. «È una situazione che voglio denunciare perché non può funzionare così», dice disperato anche all’idea di dovere ricominciare tutto da capo visto che oggi a risultare positive sono state anche la suocera e la figlia maggiore. «Le altre due bambine negative vivono segregate in due camere. Siamo imprigionati in casa e non sappiamo nemmeno fino a quando. Non siamo solo numeri – conclude – siamo persone di cui le istituzioni dovrebbero prendersi cura».

E c’è poi il caso di una famiglia di cinque persone, in cui la madre e due figli sono positivi e vivono insieme al padre e all’altro figlio che sono negativi. «Dopo la positività della maestra di mio figlio – racconta Vincenzo Mavica a MeridioNews – anche il bambino è risultato positivo e, così, giorno 3 tutti abbiamo fatto il test rapido e, lo stesso giorno, anche quello molecolare». Di quest’ultimo, però, i risultati non sono mai arrivati. Tutti sono asintomatici e stanno bene. «Ai numeri di Usca e Asp non risponde mai nessuno. Nelle ultime due settimane, siamo rimasti chiusi a casa senza nemmeno sapere se questo sacrificio ha senso e, adesso – conclude – siamo esausti anche perché non sappiamo più come si possa sbloccare questa situazione».

Marta Silvestre

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