Lo Uaar contro costi e ingerenze della Chiesa «Ogni anno sborsiamo 6 miliardi di euro»

«La Chiesa cattolica costa ogni anno allo Stato italiano 6 miliardi di euro». Ad affermarlo lo Uaar, acronimo che sta per Unione degli atei e agnostici razionalisti. E la sezione catanese, che esiste dal 2005 ma si è data forma ufficiale solo da un anno, presenterà i dati di una ricerca su base nazionale dal nome I costi della Chiesa, in un dibattito pubblico proprio il 2 giugno, Festa della Repubblica, alla Camera del lavoro di via Crociferi di Catania. Atei e agnostici (e razionalisti) catanesi parleranno anche della situazione siciliana. «I dati sono stati raccolti tra le pieghe dei bilanci di Regioni, province e Comuni, un’operazione per nulla facile. Il risultato sono dei dati realistici, a differenza di altri esageratamente alti o bassi», spiega Richard Brown, un inglese che vive da 30 anni in Italia e che adesso è il coordinatore catanese del comitato. Secondo Brown, la Chiesa in Italia ha una influenza eccessiva su tutta la vita di una persona, sia sociale che privata, ma in Sicilia «la situazione è anche peggiore».

Sui dettagli, ovvero su quanti euro vengano utilizzati ogni anno per finanziare quella che definisce come «la Chiesa dominante», rimanda all’intervento di domani di Massimo Maiurana, membro del Comitato di Nazionale della Uaar «che ha eseguito personalmente la ricerca». Gli altri relatori – in un evento che è «una festa per il primo compleanno dello Uaar a Catania» – saranno Mario Staderini, segretario dei Radicali Italiani, Francesco D’Alpa, redattore de L’Ateo e soprattutto Fabrizio – senza cognome, solo Fabrizio – uno dei fondatori del gruppo Facebook Vaticano, pagaci tu la manovra finanziaria, che con un quarto di milione di iscritti «ha contribuito a far entrare nell’agenda dei media il dibattito sul pagamento dell’Ici da parte della Chiesa».

«Noi non siamo anticlericali, ma per la laicità delle istituzioni – spiega Richard Brown – Quindi, pur avendo un buon rapporto con alcune comunità come quella Valdese, ci rivolgiamo solo allo Stato, che deve garantire la laicità». Una laicità assente, che imporrebbe pesanti costi morali. Un classico esempio? «Il dibattito sull’aborto, e le pressioni sui medici affinché diventino obiettori di coscienza – commenta Brown – che rischia di far diventare un diritto qualcosa di impraticabile. E a questo aggiungiamo le spese per il finanziamento ad ospedali e scuole cattoliche».

Ma l’esempio più calzante dell’ingerenza della Chiesa cattolica sembra essere l’ora di religione a scuola. «Nei mesi scorsi abbiamo assistito una intera classe di un grosso liceo scientifico catanese che non voleva svolgere l’ora di religione. Ma la loro richiesta s’è scontrata con le esigenze amministrative della scuola, che entro il mese di febbraio chiede le richieste di rinuncia all’insegnamento» spiega Brown. Lo Uaar ha 50 tesserati a Catania e circa 200 «simpatizzanti attivi» riferisce il coordinatore provinciale del movimento, e non fa un’attività lontana a priori dalla religione, «perché ci interessa tutelare anche le fedi con meno praticanti». Per Brown l’attività dello Uaar è semplice: «Promozione della libertà di pensiero, perché per una persona non cattolica o per un ateo è difficilissimo qui in Italia anche fare un semplice funerale». E per chiarire il concetto usa un detto inglese: «Se il campo non è piatto, il gioco è falsato si dice da noi. In Italia, ma qui si sovvenzionano cappellani militari, ristrutturazioni e attività sociali gestite dalla Chiesa, e l’ateo diventa non solo mal visto, ma spesso non dice apertamente quello che è il suo pensiero».

[Foto di Uaar Catania]

Leandro Perrotta

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