Sedici o diciassette? Tre o quattro? Ventiquattro o venticinque? Sono i numeri attorno a cui da ieri balla l’elezione dei senatori siciliani. Conseguenza inaspettata dello tsunami a Cinque stelle che ha travolto la Sicilia: il partito di Luigi Di Maio elegge 17 senatori, nove dai collegi uninominali (tutti vinti) e otto dai plurinominali. Tra questi ultimi c’è però Nunzia Catalfo, già vincitrice nell’uninominale di Catania. A chi dunque assegnare il posto vacante, o, come definisce il Rosatellum, «eccedentario»? Si assegna comunque ai Cinque stelle in un’altra Regione o resta sull’Isola e va a un partito diverso, che in questo caso sarebbe Forza Italia per via dei resti più alti? O ancora non va assegnato a nessuno, lasciando la Sicilia, e dunque lo stesso Senato, con un senatore in meno?
Le interpretazioni sono molteplici, perché la legge elettorale tanto discussa non risolve chiaramente il caso. Secondo i tecnici di Forza Italia il seggio eccedente spetterebbe proprio a loro e segnatamente al senatore uscente Bruno Alicata, giunto secondo nel collegio plurinominale della Sicilia orientale, dietro Raffaele Stancanelli. Di altro avviso il Movimento 5 stelle per cui quel posto al Senato rimarrebbe non assegnato, perché non potrebbe essere assegnato a una lista concorrente, visto che questa soluzione non è esplicitata in nessun articolo del Rosatellum. Su un punto entrambi gli schieramenti sembrano concordare: il Senato si elegge su base regionale, quindi il seggio che sarebbe dovuto toccare ai Cinque stelle in Sicilia non può essere regalato ai candidati grillini di una circoscrizione oltre lo Stretto. Questo problema non si pone invece alla Camera, dove infatti i due seggi eccedenti dei Cinque stelle in Sicilia verranno assegnati dall’Ufficio centrale nazionale sempre ai Cinque stelle in un’altra Regione, lì dove, nel meccanismo di spartizione del proporzionale, hanno i resti decimali più alti.
Per quanto riguarda invece il Senato, il Rosatellum – tanto discusso al momento della sua formulazione e che adesso qualcuno vorrebbe rapidamente superare con un governo di scopo a larghissime intese – all’articolo due comma due, Modifiche al sistema di elezione del Senato della Repubblica, prende in esame il caso in cui «una lista abbia esaurito il numero dei candidati presentati in un collegio plurinominale e non sia quindi possibile attribuire tutti i seggi a essa spettanti in quel collegio», e rimanda per la soluzione a un altro testo, il testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in particolare all’articolo 84. Ed eccola dunque la soluzione, sostanzialmente uguale a quella della Camera: «Qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati presentati in una circoscrizione e non sia quindi possibile attribuire tutti i seggi ad essa spettanti in quella medesima circoscrizione, l’Ufficio centrale nazionale assegna i seggi alla lista nelle altre circoscrizioni in cui la stessa lista abbia la maggiore parte decimale del quoziente non utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente».
Nessun riferimento né a limiti geografici, né d’altra parte a liste diverse da quella che detiene il seggio eccedente. «Ma – sottolineano da Forza Italia – questa legge va inserita in un principio costituzionale superiore: e cioè che i senatori vengono eletti su base regionale a differenza della Camera, quindi quel seggio deve rimanere in Sicilia, è impensabile che si sposti da una Regione all’altra, o tantomeno che resti non assegnato perché il Senato sempre da 315 parlamentari deve essere composto». La sicurezza degli azzurri deriverebbe anche da un precedente del 1996. «In quell’occasione – ricorda uno degli esperti in queste ore a lavoro sulla questione – Forza Italia aveva un seggio eccedente e fu ripescato il senatore dell’Ulivo Giuseppe Lo Curzio».
Eppure nella battaglia dei precedenti ce n’è un altro, del 2001, che va in direzione opposta. Quell’anno il 61 a zero di Forza Italia in Sicilia portò in dote agli azzurri addirittura undici seggi in più alla Camera rispetto ai candidati disponibili. Una situazione figlia del Mattarellum che fu risolta, soltanto un anno dopo, dalla stessa Camera dei deputati. Lo ricorda Salvatore Curreri, docente di Istituzioni di diritto pubblico all’università Kore di Enna. «Fu deciso di non assegnare gli undici seggi perché prevalse la tesi che si sarebbe alterata la volontà popolare». Per cinque anni dunque, dal 2001 al 2006, la Camera fu formata da 619 deputati anziché 630. «Il caso di quest’anno – continua il professore – riguarda il Senato dove prevale il fatto che va eletto per Costituzione su base regionale. Se assegnare il seggio in Sicilia ad altre liste o non assegnarlo affatto lo deciderà il Senato stesso che ha l’ultima parola su questi temi. In ogni caso – conclude – i precedenti dicono che è già capitato che un ramo del Parlamento rimanga incompleto».
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