Lo stravolgimento del mandato popolare

Decisamente non sono stato chiaro nel puntualizzare la mia visione sull’assetto istituzionale da perseguire per assicurare maggiore pluralismo alla politica regionale. Le dimissioni del professore Andrea Piraino dai vertici dell’assessorato regionale alla Famiglia sono state solo il pretesto per introdurre la discussione sul feticcio della “governabilità”. Metto la parola ancora una volta in evidenza, fra le virgolette, per segnalare che l’oggetto dell’articolo in questione era proprio la governabilità. Concetto e obiettivo politico del quale in Italia si discute da circa 60 anni: più precisamente, dal 1953, dalla cosiddetta legge truffa, per l’esattezza.
Quest’obiettivo, che con difficoltà in Italia si riesce ad ottenere per via politica, lo si vuole imporre per via istituzionale. Che altro è stata la modifica costituzionale preparata dai cosiddetti ‘saggi’ di Lorenzago? Poi respinta dalla maturità del voto popolare mediante referendun. In quella riforma costituzionale era introdotto il principio secondo il quale, su richiesta del presidente del Consiglio dei ministri, il presidente della Repubblica sciogliesse le Camere, per il fatto che queste non erano accondiscendenti agli orientamenti del governo.
In Sicilia l’obiettivo della governabilità istituzionalizzata è stato conseguito attraverso l’elezione diretta del presidente del governo regionale con l’aggiunta della clausola che qualora l’Assemblea regionale votasse la sfiducia al ‘governatore’ e questi si dimettesse, simultaneamente verrebbe sciolta anche l’Assemblea per il fatto stesso che aveva osato tanto. Cioè l’unico istituto previsto per rimediare ad un eventuale errore commesso in sede elettorale.
Questo legame d’interesse a sopravvivere nell’articolo in questione veniva definito “solidarietà forzosa”. Questa clausola garantisce il presidente della Regione anche da un eventuale atto di sfiducia. Così, ‘blindata’ l’elezione del presidente della Regione, si rende questa figura istituzionale insindacabile e irremovibile. Non è previsto nessun altro strumento di revoca del mandato, qualunque cosa faccia. Né il dante causa (l’elettorato) è titolare di alcuno strumento (referendum revocativo?) per rimediare ad un eventuale errore commesso in sede di scelta elettorale o in presenza di atti politici che stravolgano il suo mandato: per l’intera durata dell’incarico conferito col voto se lo deve tenere. Punto e basta. E’ democrazia questa?
In questa legislatura regionale si è già verificato un ribaltone. La maggioranza che ha eletto Raffaele Lombardo si è dissolta, ma il presidente resta in carica con una maggioranza a sostegno completamente diversa, resa possibile soltanto dal paravento mistificatorio del ‘governo tecnico’, perché altrimenti le posizioni politiche delle diverse componenti non sarebbero conciliabili. Qualunque pateracchio va bene purché si garantisca la governabilità! In pratica, una edizione riveduta e corretta in chiave moderna di un’operazione di tipo milazziano.
Adesso si prefigura un’ipotesi di governo politico, di cui le dimissioni di Piraino sono la premessa tattica. Si andrà, con ogni probabilità, ad un secondo ribaltone, stavolta senza il paravento del governo tecnico, perché la nuova alleanza dovrà essere indicativa del quadro politico da presentare alle prossime scadenze elettorali amministrative. In questa nuova prospettiva il mandato popolare conferito al presidente Lombardo varrebbe stravolto per la seconda volta, o no? Nel corso della legislatura avremo avuto ben tre governi diversi, tre maggioranze diverse, ma lo stesso presidente. Evviva la governabilità!

 

Riccardo Gueci

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