La frattura interna al Pd a livello regionale tra cracoliciani e renziani provoca uno strappo (social) nel gruppo dem al Consiglio comunale di Palermo. Ieri intorno alle 19 il capogruppo Dario Chinnici, uomo di Davide Faraone, aveva postato su Facebook una foto insieme agli altri tre membri Rosario Arcoleo, Carlo Di Pisa e Giovanni Lo Cascio, sottolineando che «il Partito democratico in Consiglio comunale lavora unito e compatto. Grande prova di forza sui debiti fuori bilancio. Complimenti a tutta la maggioranza».
Appena un paio d’ore dopo, però, il collega Arcoleo, che fa parte della corrente di Cracolici, si è affrettato a prendere le distanze, facendo emergere un clima tutt’altro che sereno. «Dario Chinnici, con uno sgamato trucchetto comunicativo – scrive Arcoleo -, prova ad usare il lavoro responsabile che facciamo in Consiglio per alimentare polemiche dentro il Pd. Ribadisco quanto detto ieri: il Pd a Palermo è in stato comatoso ed inesistente. Mi spiace che Dario con questo giochino abbia voluto rompere il clima unitario che con fatica avevamo costruito». Frasi per niente tenere a commento della stessa foto di Chinnici dalla quale è stato tagliato il consigliere cracoliciano. In tarda serata, inoltre, Arcoleo rincarava la dose con un altro post, pur senza nominare Chinnici: «Karl Popper parlava di ‘una patente per fare tv’. Vedendo i giochini di alcuni ‘pseudocomunicatori’ mi verrebbe da dire che occorrerebbe anche ‘una patente per fare comunicazione’… quella politica prima di tutto!».
Eppure l’intento della foto di Chinnici sembrava un altro: placare gli animi dopo la nota del presidente della Quinta Circoscrizione Fabio Teresi, componente della direzione regionale dem, che ha giudicato «sbagliata» la presenza dei quattro consiglieri alla riunione di maggioranza col sindaco Leoluca Orlando, definita, per le modalità con cui si è svolta, «un errore di forma e di sostanza» perché «avrei ritenuto utile che questo appuntamento fosse costruito in sinergia con le forze politiche e servisse a fare un ‘tagliando’ sull’azione amministrativa magari partendo dai temi che hanno caratterizzato il dibattito cittadino in queste settimane. Mi spiace constatare che il sindaco abbia costruito un perimetro rivolto ai soli consiglieri comunali escludendo i vertici dei partiti e, per quel che mi riguarda, i presidenti delle circoscrizioni».
Teresi, oltre che con Orlando, nella sua nota è stato molto critico anche col suo partito ed è sembrato rivolgersi in particolare ai vertici provinciali e all’ala renziana: «Le responsabilità sono anche delle forze politiche, a cominciare dal mio partito, che col silenzio e con la partecipazione dei consiglieri Pd a questa riunione hanno legittimato questo metodo. Ritengo che sarebbe stata utile una riunione preventiva e costruire una posizione condivisa: ma, evidentemente, il Pd a Palermo non esiste più».
Insomma, si respira un’aria da resa dei conti, come testimonia anche la decisione dell’ex sindaco di Partinico Salvo Lo Biundo, candidato alle elezioni regionali, che ieri ha sbattuto la porta dicendo addio al Pd e a tutte le cariche che ricopriva, stanco di «un partito diviso, incapace di produrre sintesi – dice -, e soprattutto incapace di trovare punti di equilibrio tra le diverse sensibilità culturali che lo compongono. Ho fatto una campagna elettorale in una splendida solitudine, certamente non voluta da me. Quando un partito non sa valorizzare e proteggere le risorse che ha vuol dire che c’è qualcosa che non va. Non rendersene conto e non intervenire significa che si tiene poco alle persone che lo compongono. Ne prendo atto senza acrimonia e senza infilarmi in un conflitto che non mi appartiene. Rivolgerò le mie energie a trovare soluzioni adeguate per la mia città e per la Sicilia».
La rottura tra l’area che fa riferimento ad Antonello Cracolici e il resto del Pd si è consumata definitivamente al momento dell’elezione di Giuseppe Lupo a capogruppo all’Ars con i voti dei soli renziani, che ha fatto seguito ad un altro evento traumatico per i dem siciliani: l’elezione del nuovo presidente di Sala d’Ercole Gianfranco Miccichè con i voti del centrosinistra e, con ogni probabilità, di alcuni democratici («quattro utili idioti», secondo l’ex assessore all’Agricoltura). Al momento però né i vertici provinciali né l’area renziana hanno replicato alle stilettate mediatiche e social dei cracoliciani.
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