Lo sbarco in Sicilia del americani nel 1943? La mafia non ebbe alcun ruolo

Pacatamente, senza attizzare polemiche inutili, da storico che guarda le carte e cerca le fonti senza lasciarsi prendere dalla facili suggestioni dei miti, mi permetto di contraddire certe ricostruzioni, sullo sbarco alleato in Sicilia, che anche in questo giornale vengono raccontate. Purtroppo ancora, si potrebbe dire, che continua ad esserci una insufficiente volontà di accettazione della verità.

Peraltro, l’errore nell’analisi dei fatti relativi allo sbarco alleato sono frutto della mancanza senso del tempo storico che porta ad assiepare, in un unico contesto temporale, fatti che si dovrebbero invece collocare in tempi diversi. (a sinistra, foto trata da inilossum.com)

Arrivo subito al nocciolo della questione affermando che nello sbarco del 10 luglio 1943 la mafia non ha parte alcuna. Continuare a dire che la mafia abbia avuto una parte, per alcuni addirittura rilevante, non è solo falso, ma è anche un regalo fatto alla stessa mafia, offrendogli un peso che non merita.

Lo sbarco fu un’operazione militare che appartiene tutta alla forze Alleate. Bastano, infatti, tre considerazioni per smentire ogni possibile contributo “altro”. La prima è il luogo dello sbarco, un’area dove la presenza mafiosa, allora, era quasi inesistente. Sarebbe stato più utile, laddove ci fosse stata connivenza, che lo sbarco fosse avvenuto nella parte occidentale della Sicilia. In quella porzione di Sicilia il controllo mafioso c’era, è innegabile.

La seconda osservazione riguarda il rapporto di forze fra aggressori e difensori del territorio siciliano. In Sicilia sbarcarono oltre 450.000 uomini, ben addestrati e si trovarono di fronte, appena 250.000 uomini, in gran parte demotivati. Per non parlare poi della sproporzioni di mezzi il cui rapporto è stato quantificato in 7 a 1, naturalmente a favore degli Alleati. Che bisogno c’era della mafia per imporsi sugli avversari?

Infine, non esiste una sola notizia di sabotaggio operato nei confronti dei difensori che, per la cronaca, si comportarono in modo encomiabile, smentendo il tradizionale e consolidato refrain di un italiano poco propenso alla lotta. Ed allora, in che cosa è consistito l’aiuto della mafia?

A queste osservazioni se ne potrebbero aggiungere altre, che evito di i citare. Ed allora, la mafia? Ecco il problema del tempo. La mafia entra in scena solo dopo lo sbarco. Infatti, le condizioni di agibilità che il confuso regime di occupazione consentiva, sono state sfruttate furbescamente dai mafiosi. Di questo, si accorsero ben presto gli stessi americani, che inviarono in Sicilia il capitano Scotten dell’intelligence, che fece una relazione drammatica sulla situazione criminale siciliana. Ma era troppo tardi. La relazione arrivò sul tavolo di chi doveva assumere decisioni quando già la Sicilia era stata riconsegnata al Regno.

Un’ulteriore precisazione riguarda Lucky Luciano, che con lo sbarco in Sicilia c’entra come cavolo a merenda. Luciano fu, veramente, contattato dai servizi americani, ma per uno specifico motivo. Si trattava della garanzia di sicurezza del porto di New York che era controllato dalla mafia americana. Nulla più. Luciano ebbe come premio della sua collaborazione un trattamento carcerario migliore. Contrariamente alle storielle che lo vedono presente al tempo dello sbarco, Luciano rimase in carcere fino alla fine della guerra, quando il governatore di New York lo espulse dagli Stati Uniti.

Questi sono fatti, sulle carte, anche dei servizi americani, e non sulle storielle elaborate dalla fervida fantasia di chi non solo non è stato presente ma non si è curato nemmeno di controllare le fonti.

Con lo sbarco degli americani in Sicilia la mafia c’entra, eccome!

Pasquale Hamel

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