L’Italia tra Cavour e Mario Monti

Dal prof. Salvatore Curreri, docente di diritto parlamentare, ricevo questa nota.

Carissimo, ho appena finito di leggere l’articolo “Cavour e la “scommessa italiana” di R. Martucci, professore di Storia delle istituzioni politiche e storia costituzionale nell’Università del Salento. Riflettendo su Cavour, su come sia risultata vincente la sua paziente strategia rispetto agli avventurismi di Mazzini, il pensiero mi è subito corso a Monti. Al pari di Cavour, Monti mi pare un abile giocatore, conscio delle poche carte a disposione, però con una grande preparazione tecnica (nell’articolo si sostiene che Cavour, da grande giocatore e forte delle sue conoscenze più scientifiche che umanistiche, applicasse alle sue decisioni il calcolo delle probabilità) che lo pongono come punto di riferimento anche per potenze più grandi dell’Italia. Mi rivolgo allo storico: ovviamente mutatis mutandis, è azzardato un parallelo tra i due?”.

Trascrivo la mia risposta: “Carissimo Salvatore, i francesi direbbero “c’est une bonne question”, sicuramente un domanda stimolante alla quale non solo non mi sottraggo, ma della quale approfitto per qualche ulteriore riflessione. Ho grande rispetto degli utopisti come Giuseppe Mazzini ma, come dici tu, con l’utopia se non si hanno i piedi per terra non si costruisce niente di buono. Mi sovviene, a questo proposito – e scusa la saccenteria – una frase di Paul Claudel il quale, criticando gli utopisti, scriveva: “Quando l’uomo tenta di immaginare il Paradiso in terra, il risultato è un molto rispettabile inferno”.

La storia, vedi la vicenda del comunismo, ha dato ampio riscontro di quest’assunto. Ma andiamo al tuo quesito: Cavour tessitore di un progetto politico riuscito vincente e Monti tessitore di un progetto economico, ma anch’esso politico, hanno qualcosa in comune. Per chi si occupa in termini scientifici di analizzare vicende storiche la risposta più razionale è che ogni vicenda va collocata nel suo tempo e sarebbe operazione scorretta lasciarsi andare a paragoni o a forzature.

Tuttavia, poiché vi sono sempre, seppure generalizzando, delle possibilità di raffronto non posso che confermare il tuo assunto aggiungendo qualche elemento che, forse, l’articolo citato avrà preso in considerazione. Il conte di Cavour, con grande lucidità, aveva compreso che la partita non si poteva giocare con colpi di mano e, soprattutto, nella Penisola. Il problema italiano poteva trovare una giusta composizione solo in un contesto internazionale visto sul problema Italia si scontravano le due potenze che avevano interessi mediterranei, Francia e Inghilterra, e l’impero austriaco sul cammino del declino. La scelta di Cavour, piuttosto che la rivoluzione, privilegiava la diplomazia e in base alle sensibilità di cui prendeva atto, modulava le scelte sul piano interno.

C’è, a questo proposito, un bel volume di Giuseppe Astuto, ordinario di storia delle istituzioni politiche a Catania, si tratta di “Cavour fra rivoluzione e diplomazia”. che si diffonde proprio su questo tema. Mi pare che anche Mario Monti, serio e pacato, capace di affrontare le situazioni cercando di stemperare i conflitti, segua un po’ lo schema cavouriano. Consapevole che la crisi nella quale siamo immersi, le cui colpe appartengono anche e soprattutto ad una classe politica irresponsabile, deve tenere conto dei contesti internazionali, egli sta giocando la partita della diplomazia economica, ma anche politica, cercando di ricostruire quella credibilità che negli ultimi anni era stata fortemente incrinata. Si sappia, e lo sappiano quanti con grande imprudenza si lasciano andare a soluzioni populistiche sparando contro l’euro, che la salvezza del nostro Paese sta dentro il sistema Europa e che, al di fuori di esso c’è solo un abisso dal quale difficilmente ci si potrebbe tirare fuori.

Pasquale Hamel

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