Cinquanta associazioni messe in rete per «una mobilitazione straordinaria della parte sana della società siciliana, del popolo della dignità e della giustizia». È l’Isola che c’è, realtà che unisce esperienze, soprattutto della Sicilia orientale, impegnate nella quotidianità a migliorare la Sicilia senza grandi proclami, ma sbracciandosi.
Senza vocazione elettorale e partitica, ma con l’obiettivo di influenzare positivamente la politica siciliana. Ed è per questo che oggi 22 rappresentanti della rete hanno incontrato all’Assemblea regionale siciliana un gruppo di deputati (13, una rappresentanza trasversale) che hanno accolto l’invito al confronto. «Vogliamo sollecitare l’Ars – spiega Alfio Foti, uno dei portavoce di Isola che c’è – su diversi temi. Da un anno ci riuniamo in tavoli tematici e, adesso, siamo pronti a suggerire proposte di legge, ma non solo».
Foti è catanese e per diversi decenni è stato a fianco di Rita Borsellino in tante battaglie, a cominciare dall’esperienza di Un’altra storia. «Rita c’è, c’è sempre ma non vogliamo nominarla a voce troppo alta perché non intendiamo strumentalizzare il suo nome – spiega Foti – Ma si sente la sua influenza, il suo stile, il suo approccio, la sua cultura. D’altronde, abbiamo condiviso tanto insieme».
Tra le associazioni e i gruppi che compongono la rete ci sono l’Arci, diverse aziende agricole, Fondazione di comunità di Messina, il biodistretto Valle del Simeto, la Comunità di Sant’Egidio e altre ancora. L’agricoltura, con la promozione dei grani antichi, il recupero degli spazi, l’accoglienza dei migranti, la sinergia tra politiche sociali e sanitarie sono i primi temi su cui L’Isola che c’è intende portare avanti proposte, consigli, idee concrete.
«Riteniamo – si legge nella presentazione – che, negli ultimi decenni, in Sicilia vi sia stata una modernizzazione squilibrata che ha sì prodotto un indubbio miglioramento delle condizioni di vita dei siciliani ma, allo stesso tempo, ha ampliato il solco tra benessere privato e beni e servizi collettivi, rendendo fragili le basi dello stesso benessere materiale. Tale benessere dipende sempre di più, infatti, dalla capacità di redistribuzione politica e dalla criminalità, in quanto è troppo debole lo sviluppo economico autonomo».
La parola d’ordine è co-progettazione, il confronto pubblico sui temi, incontri sui territori, «perché – precisa Foti – non basta cliccare su un tasto per parlare di partecipazione. Serve il confronto per arrivare a decisioni comuni, questo – conclude – significa corresponsabilità».
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