Lingue (r)esiste

Corsi che non partono, didattica dimezzata, personale precario e ridotto all’osso, servizi insufficenti, incertezza per il futuro: è questa l’attuale (e disastrosa) condizione della facoltà di Lingue e Letterature straniere di Catania che, nonostante l’anno accademico abbia già preso il via da settimane, stenta a partire a causa del freno che le impongono i tagli della riforma Gelmini.

La protesta dei ricercatori, che si sono dichiarati indisponibili ad assumere gli insegnamenti a partire da quest’anno, influisce gravemente sulla didattica della facoltà, composta per oltre il 50% da docenti di questa categoria, con il risultato che gli studenti si ritrovano a poter frequentare, al primo semestre, meno di un terzo delle materie previste per tutto l’anno, con la relativa impossibilità di dare esami nella prima sessione. Senza contare che gli insegnamenti rimanenti sono slittati al secondo semestre nell’ipotesi (finora smentita) che i ricercatori riprendano le docenze interrompendo la mobilitazione che hanno messo in atto per rivendicare i propri diritti: si tratta quindi di rassicurazioni non confermate dai fatti, che lasciano gli studenti nella totale incertezza, anche sulla possibilità di accumulare i crediti necessari per accedere all’anno successivo.

In più, i tagli al personale di Lingue e Lettere, tra licenziamenti e ridimensionamento delle ore di lavoro, comportano una riduzione dei servizi fondamentali per gli iscritti alla facoltà, come la biblioteca, la possibilità di rimanere fino a sera nelle aule studio, il laboratorio linguistico, la corretta gestione del sito internet della facoltà per fornire avvisi e informazioni agli utenti.

Ma i problemi della facoltà di Lingue non si fermano ai disagi a livello interno: dopo la decisione di spostare la facoltà a Ragusa per dare vita ad un ipotetico quarto polo, il destino della sede catanese è ancora incerto. Si è parlato di formare un unico polo umanistico e un’unica facoltà di Lettere, Filosofia e Lingue, o di accorpare soltanto i corsi di ambito linguistico alla facoltà di Lettere, ma ancora nulla è definitivo e le notizie sull’argomento sono ferme dalla scorsa estate o arrivano a singhiozzo.

Per tentare di fare chiarezza, il collettivo di Lettere e Lingue ha indetto un’assemblea per discutere della situazione in cui attualmente versa l’Università degli Studi di Catania e, in modo particolare, la facoltà di Lingue e Letterature Straniere. Un’iniziativa che parte dal basso e che ha voluto coinvolgere studenti, docenti, ricercatori e anche il preside, durante la quale si è voluto sottolineare come il mondo del sapere stia subendo un «attacco alle fondamenta». La riunione anticipa il corteo del 17 novembre (piazza Roma, ore 9.00) per la giornata internazionale per la difesa del diritto allo studio, e lo sciopero dei lavoratori della conoscenza indetto per lo stesso giorno da FLC-CGIL.

«L’anno accademico è cominciato in maniera sofferente per tutti a causa delle forti restrizioni che continuano ad abbattersi sul mondo dell’università», dice il preside di Lingue Nunzio Famoso. «Le risorse destinate alla formazione sono insufficienti e le poche che ci sono vengono dirottate alla formazione privata. A Catania c’è un’idea estemporanea della riorganizzazione degli studi a colpi d’ascia».

Sul futuro della facoltà di Lingue, il preside rilancia la possibilità di rimettere tutto in discussione, e sottolinea che “Catania doveva vedere la presenza di altri corsi di lingue inseriti in un ambito più ampio, ma non si è ancora discusso un vero progetto. Finora si è parlato di una integrazione coatta con Lettere. Abbiamo invitato i professori Cozzo e Pignataro per discutere della nostra situazione, ma tutto procede con scarsissima trasparenza”.

Riguardo al futuro di Ragusa, il preside è pessimista: «Quasi tutti i docenti hanno scelto di rimanere qui, soltanto in otto hanno optato per Ragusa. Dove andrà questa nuova facoltà? Non hanno le risorse sufficienti». Ma anche Catania subirà dei contraccolpi: «Questa scelta porterà solo alla distruzione di entrambi i poli di Lingue». Durante l’assemblea, il preside lancia anche un appello e una proposta: «Sulla questione Lingue va rimessa al centro la chiarezza. Se non vogliono starci a sentire dobbiamo trovare il modo di farci ascoltare: a fine gennaio organizzeremo un grande convegno per fare il punto sulla situazione, e a partire da adesso dobbiamo preparare il terreno con iniziative di mobilitazione che coinvolgano tutti, come un referendum tra i catanesi. È importante fare informazione e dire come stanno le cose».

Andrea Alba, del collettivo, ha individuato due problemi fondamentali emersi dalla riforma e dall’attuale situazione della facoltà di Lingue: «svilimento del sapere e negazione del diritto allo studio». Sostiene Alba: «Stiamo assistendo ad un attacco feroce agli studi umanistici e ad una logica di distruzione del sapere che soffre della zavorra del profitto». Alba riassume le gravi conseguenze che sono costretti a subire gli studenti di Lingue a causa della riforma, etichettandole come un «attacco al diritto allo studio, per avere tasse più alte a fronte di meno servizi. Inoltre, con l’istituzione dei test d’ingresso, assistiamo anche all’esclusione dal processo di formazione. Dobbiamo riprenderci il nostro futuro, che ci stanno negando, e la nostra conoscenza, che ci spetta, come unica via di emancipazione sociale. Ed è per questo che vogliono togliercela».

Spazio anche alla protesta dei ricercatori, a nome dei quali è intervenuto Alessandro Lutri, docente di Antropologia culturale alla facoltà di Lingue, il quale ha illustrato le motivazioni della mobilitazione, spiegando che si tratta di un movimento nazionale e che la partecipazione è massiccia, e ribadendo che si continuerà sulla linea della indisponibilità finché le istanze dei ricercatori non verranno recepite dal Governo. «Quest’anno a Catania – spiega Lutri – i fondi per la ricerca sono stati totalmente azzerati. Per la ricerca umanistica, i fondi statali sono fondamentali. E purtroppo quelli che ci rimettonono sono sempre gli studenti».

Sulla questione della facoltà di Lingue è intervenuto anche Matteo Iannitti del Movimento studentesco, il quale ha puntato il dito sull’operato del Rettore Antonino Recca, parlando di «discrezionalità della sua azione fatta alla facoltà. Il Magnifico fa quello che vuole dell’Università, non si preoccupa delle esigenze di studenti, professori e ricercatori». Pesa, nel giudizio di Iannitti, l’adesione del Rettore all’Udc, partito del presidente della provincia di Ragusa, una prova, secondo l’esponente del Movimento Studentesco, che «si gioca sul terreno della politica e dell’amministrazione clientelare del territorio».

Iannitti rilancia la carta della mobilitazione e parla anche di due precarietà all’interno della facoltà di Lingue, deleterie per il suo futuro: quella dei ricercatori e docenti, e quella degli studenti, che si trovano in una situazione di assoluta incertezza. «Dobbiamo intrecciare le due battaglie – afferma Iannitti -, ricompattarci. Riusciremo a vincere e a sconfiggere la crisi solo se ci riconosceremo l’uno nell’altro e accompagneremo le varie proteste con una mobilitazione comune. Dobbiamo fre in modo che si riaccendano i riflettori sulla questione di Lingue. Non possiamo permettere che scompaia nel silenzio assoluto».

Anche il prof. Domenico Antonio Cusato, di Letteratura spagnola, ha partecipato all’assemblea, incentrando il suo intervento sui tagli della riforma Gelmini, che ha messo in ginocchio l’Università pubblica, cui vengono chiusi i rubinetti per finanziare le università private, che secondo il docente «pilotano le menti. Le università pubbliche sono un diritto e non lavano il cervello, invitano a pensare ma lasciano liberi gli studenti di farlo. Per preparare una classe futura questo Governo, invece, ha bisogno di fare il lavaggio del cervello». A chiudere l’assemblea il prof. Felice Rappazzo, di italianistica, con un invito agli studenti di Lingue: «Avete il diritto che i corsi siano attivati, per questo voi studenti in prima persona dovete vigilare, essere lucidi, organizzati e cominciare a muovervi subito».

Agata Pasqualino

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