Licodia, Loris: «L’amavo più della mia vita» Ma aspettava Stefania con una balestra

La sera prima dell’omicidio Loris Gagliano si era accampato a 12 metri da casa di Stefania Noce, a Licodia Eubea. Una baracca senza infissi, né porte o finestre, dalla quale si vede chiaramente la porta di casa della ragazza. Lì, per terra, una balestra carica. «Sembra si sia fermato una notte – afferma Giuseppe Nicotera, luogotenente della stazione dei carabinieri della zona – Teneva sotto controllo la casa della sua ex fidanzata, con la quale aveva litigato poche ore prima».

Ogni giorno emergono altri dettagli sulla morte della studentessa ventiquattrenne e di suo nonno, Paolo Miano, 71 anni. Ferita anche la nonna della giovane, Gaetana Ballirò, 72 anni, ricoverata all’ospedale di Caltagirone e assistita costantemente da sua figlia, la madre di Stefania. È stata proprio quest’ultima a dare l’allarme ai carabinieri, che erano con lei. La donna, infatti, era andata alle forze dell’ordine per denunciare una manomissione della sua macchina, chiusa in garage. «Era stato danneggiato l’impianto frenante – spiega Nicotera – ed erano stati svitati alcuni bulloni dalla ruote». Forse un’altra delle intimidazioni di Gagliano nei confronti della sua coetanea, che aveva intenzione di interrompere la loro relazione.

«L’amavo più della mia stessa vita», ha detto lui al suo avvocato, Gino Ioppolo, che l’ha incontrato questa mattina nel carcere di Ragusa, dov’è detenuto. «Abbiamo parlato per più di un’ora – racconta Ioppolo – e Loris è ancora in stato piuttosto confusionale, ma intende collaborare». Domattina sarà interrogato dal procuratore Monica Monego, che dovrà convalidarne il fermo. «Il ragazzo cerca di ricordare – dice ancora il difensore – ma ha dimenticato tutto quello che è successo dalla vigilia di Natale al momento dell’arresto». Ma, quando parla di Stefania Noce, piange. «È molto turbato, non riesce a trattenere le lacrime quando lei viene nominata», conclude il legale.

Nel pomeriggio, si è conclusa l’autopsia sui corpi delle due vittime. Alla studentessa e a suo nonno sono state inferte tra le sette e le otto coltellate ciascuno. Fatale, per Stefania, un colpo ricevuto alla giugulare, dopo altri che l’avevano raggiunta ai polmoni e al cranio. Mentre per il nonno le svariate coltellate alla schiena, tra la clavicola e la testa. «Naturalmente, la scientifica dovrà confermare – precisa Nicotera – ma le ferite sembrano pienamente compatibili con il pugnale insanguinato trovato nella macchina di Gagliano».

Nella Ford Ka con la quale Loris Gagliano è scappato, gli investigatori hanno rinvenuto una lama ancora sporca di sangue lunga 11 centimetri, altri tre coltelli a serramanico e una katana. Quando è stato fermato dai carabinieri di Acate, Loris aveva probabilmente intenzione di suicidarsi. Con un tubo di gomma aveva collegato lo scarico della macchina con l’abitacolo. Ma il motore era spento e lui in stato confusionale. «Non ricordo bene, ma forse ho colpito Stefania con un coltello, e forse c’era anche qualcun altro della sua famiglia», ha detto spontaneamente ai militari. I suoi vestiti erano inzuppati di sangue e sono stati catalogati come prove.

Luisa Santangelo

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