Licata, produttori bio in piazza dopo la tromba d’aria Azienda distrutta, pizzeria compra produzione futura

I trattori parcheggiati lungo il corso principale di Licata e la politica cittadina sul palco allestito ai piedi del municipio. È questo lo scenario della manifestazione di protesta e sensibilizzazione indetta per oggi dagli agricoltori colpiti dalla tromba d’aria dello scorso 10 ottobre. Dentro il bar, davanti a un caffè, alcuni di loro raccontano la propria tragedia imprenditoriale con la lucidità di chi ha ormai incassato il colpo e la dignità di chi vuole ricominciare. 

Giuseppe Incorvaia faceva il fotografo, poi è arrivata la crisi. Davanti a lui il solito bivio: emigrare o reinventarsi. Così, per due anni, lavora al suo nuovo progetto: un impianto di elicicoltura (allevamento delle lumache) a ciclo biologico, nel quadro di un’economia dove la produzione nazionale non riesce ad assorbire la domanda. Dopo aver raccolto tutte le informazioni utili per l’avvio dell’attività, trova un socio contadino che curi le colture necessarie per l’alimentazione delle chiocciole. Si piantano bietola e trifoglio, si acquistano esemplari riproduttori per 12mila euro e alle 22 dello scorso 9 ottobre è tutto pronto per iniziare a produrre il pregiato caviale di lumaca madonita. L’indomani Giuseppe è sul posto: appena il tempo di notare che gli esemplari avevano iniziato ad accoppiarsi e di uscire soddisfatto dalla struttura, che la tromba d’aria arriva, lo scuote e trascina con sé più di metà allevamento. Quello che rimane è la beffa, la disperazione e due serre dalle quali ripartire con i riproduttori sopravvissuti in mezzo alle macerie. 

Accanto al terreno di Giuseppe, c’è quello di Calogero Russotto, giovane imprenditore agricolo che ha puntato tutto sulle coltivazioni biologiche: frutta esotica, ortaggi, piante aromatiche e colture sperimentali; come la luffa, varietà della zucchina che, una volta essiccata, si trasforma in un materiale spugnoso e antibatterico utilizzabile nei modi più disparati: dalla cosmesi ai prodotti per la casa, dal rivestimento degli interni delle auto alle buste per la spesa. Decidere di coltivare biologicamente significa, innanzitutto, farlo senza poter averne la certificazione, quindi senza garanzie ufficiali da offrire ai consumatori: nell’Agrigentino, infatti, ci sono ancora tracce di bromuro nella terra e i parametri legislativi non avvantaggiano di certo le coltivazioni di questo tipo, ancora troppo ridotte per far fronte a simili paletti. 

Un’altra difficoltà risiede nel riuscire a preservare le piante dai parassiti senza l’utilizzo di fitosanitari; si utilizzano, dunque, sistemi vegetali come funghi e insetti utili prelevati dai campi abbandonati. Quella di Russotto è l’unica azienda che utilizza questo metodo in tutta la zona, oltre a sperimentare innesti di varietà antiche e ormai troppo deboli su piante esotiche e più resistenti. Ma anche in questo caso, nulla da fare: in tre minuti si alza il vento, il rumore si fa assordante e iniziano a volare pezzi di impianto; uno, addirittura, sfiora la nuca dell’agricoltore, il quale ha comunque la forza di infilarsi in macchina e, mentre questa si alza da terra, mettere in moto e andarsi a riparare presso una rivendita di concimi. Fiducioso, l’uomo acquista i prodotti e torna in azienda: tutto distrutto, restano solo alcuni tunnel di melanzane e 1400 metri di campo aperto. Poco dopo arriva la telefonata di Giuseppe Patti, uno dei titolari di Sardasalata, pizzeria di Licata che utilizza esclusivamente prodotti biologici: proprio quelli di Russotto. Alla notizia della catastrofe, il ristoratore, che aveva già pensato di stipulare un accordo di filiera con l’azienda agricola, decide di intervenire acquistando tutta la produzione futura dell’azienda, che da ora in poi lavorerà, dunque, per un unico committente.

Ciò che emerge chiaramente è l’esigenza di liquidità immediata, e senza ricorrere a prestiti capestro, tra gli imprenditori del comparto forse più importante per l’economia della zona; e mentre, dal palco, la politica promette di attivare tutti i canali istituzionali per reperire i 30 milioni necessari per far ripartire l’agricoltura locale, dentro un bar si concordano strategie pratiche, tra privati, per reagire prontamente alla calamità.

Gino Pira

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