Librino, l’Etna in un’opera dello street artist Blu «Un vulcano che distrugge il male che c’è qua»

Viale Moncada 6/a. È l’indirizzo dell’opera che lo street artist Blu ha realizzato a Librino. Uno degli artisti di strada più bravi del mondo, secondo le più rilevanti testate internazionali, arrivato nel quartiere alla periferia sud di Catania tre settimane fa. Ha posato la vernice e i pennelli ieri, dopo aver rappresentato la sua idea del capoluogo etneo: «Un vulcano che erutta una lava che rappresenta la città, fatta di forze e di energie, pronte a distruggere tutto il male che c’è qua». A spiegarlo è Luca Prete, collega di Blu e componente del collettivo Res publica temporanea. Sono loro che, insieme al teatro Coppola e al campo San Teodoro liberato, hanno contattato l’artista marchigiano. «Siamo tutti attivisti, anche se lui è ovviamente più conosciuto – dice Prete – Lo abbiamo contattato quattro mesi fa e lui ha accettato di venire da noi».

Blu è «l’innominabile: ha un’età compresa tra i trenta e i quarant’anni ed è marchigiano. Il mistero è parte del suo fascino», sostiene l’artista. E per questo nelle scorse settimane l’accesso al cantiere era off limits. In attesa che il lavoro fosse finito. «Ovviamente non ha alcuna autorizzazione da parte dell’amministrazione – spiega Luca Prete – È stato fatto secondo la regola dell’arte urbana, dovrebbe essere tutta così». Concordata, invece che nei palazzi del potere, con chi vive nei palazzoni popolari di Librino. «Abbiamo scelto di parlare con le persone, senza intermediari». E così hanno scoperto che l’edificio di viale Moncada aveva problemi di infiltrazioni d’acqua sulla facciata: «La prima cosa che ha fatto Blu è stata passare l’antiruggine su tutta la struttura in ferro rimasta a vista – continua lo street artist – Poi ha riempito i buchi con il cemento. Ha fatto una sorta di ristrutturazione, per preparare la superficie affinché fosse dipinta».

Di spiegazioni il creativo marchigiano non ne ha date. Nel suo lavoro, però, alcuni elementi sono chiarissimi. Rossi come la lava che sgorga dall’Etna ci sono un elefante e una lepre: il primo inequivocabile simbolo di Catania; il nome latino della seconda, invece, dà le origini a quello del quartiere periferico della città. «In bianco e nero, invece, ci sono quelli che scappano dal magma e dalla forza. I personaggi delle istituzioni, uomini che si nascondono dietro maschere di legalità, gli speculatori che hanno riempito la città di cemento». E c’è anche una piovra col volto di un teschio, forse la più eloquente delle rappresentazioni della mafia. «Tra chi fugge c’è anche una limousine – racconta Luca Prete – Mentre era a Librino, Blu ha assistito a una scena ormai nota: il classico prediciottesimo, con una ragazza vestita a festa che girava dentro a una macchinona. Lo ha molto colpito e così l’ha rappresentata».

«Il quartiere si è mostrato felice del nostro lavoro. Hanno avviato anche una colletta per sostenere le nostre spese: dipingere costa». A quanto ammonti il contributo dei librinesi non è ancora certo, ma i costi delle vernici si aggirano intorno ai 600 euro. Che sono stati recuperati con una festa di finanziamento realizzata al teatro Coppola: «Non abbiamo detto che servivano per fare arrivare Blu, ma tutti hanno contribuito comunque. E questo, a nostro avviso, significa che non c’è bisogno di aspettare santoni e signori in cravatta per spiegare alla gente che le cose belle basta volerle e si realizzano». L’opera di Blu rimarrà esposta alle intemperie e «avrà la vita che deve avere: come tutte le cose, si deteriorerà». Nel frattempo, però, sarà servita a testimoniare il suo attivismo e quello dei catanesi che hanno promosso il suo intervento. Un seme che comincia già a germogliare: «Ci sono un gruppo di ragazzini di Librino che si sono appassionati – conclude Luca Prete – Hanno tra i sei e i 12 anni e mi hanno chiesto, loro, di copiare un’opera di Keith Haring. Lo abbiamo fatto tutti insieme, forse sta nascendo il più giovane gruppo di street artist della città», sorride.

Luisa Santangelo

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