L’euro? Non tutti erano d’accordo. Anzi…

I provvedimenti politici emanati dal Governo Monti dal momento del suo insediamento sono retti su una diffusa convinzione: abbiamo troppi debiti e quindi, prima di qualsiasi altra cosa, dobbiamo pagare i nostri conti. Non è così che fanno le famiglie?

Sarebbe facile ribattere, soprattutto per una forza di sinistra, che quando si hanno debiti la prima cosa che si fa in una famiglia è verificare se qualcuno non stia spendendo troppo e qualcun altro non riesca a comprare il pane, ma decenni di ideologizzazione del dibattito hanno condotto anche fior di sociologi ed economisti di sinistra a dare un qualche credito all’idea del “Sistema Italia”, come se gli interessi delle diverse categorie – operai, imprenditori, dipendenti pubblici, commercianti, professionisti, precari – siano gli stessi.

Ma lasciando da parte questa semplice constatazione, anche dal punto di vista del “sistema Italia” molte cose dovrebbero essere, più che dette, urlate. Soprattutto dal punto di vista macroeconomico, molti degli assunti su cui poggia l’agenda montiana sono basati su una dottrina economica trionfante nel mondo, quella neoclassica. (a sinistra, foto tratta da oltrelacoltre.com)

L’imbroglio ideologico di cui è responsabile il nostro Presidente del Consiglio (con una compagnia di corifei che al confronto fa impallidire quella berlusconiana) è quello di far credere che esistono dei problemi per i quali è plausibile una sola soluzione. E di far credere che nella sua disciplina, l’economia, tutti sono d’accordo. Che i disaccordi sono da un lato marginali, dall’altro non scientificamente fondati e dall’altro ancora propugnati da economisti poco qualificati.

Banalmente, sono tre menzogne. I disaccordi sono tutt’altro che marginali, si ergono su evidenze di grande robustezza scientifica e le alternative al modello Monti-Bce sono teorizzate da economisti che insegnano in prestigiose università (anche americane).

A partire da queste semplice considerazioni, LinkSicilia intende fornire alcuni strumenti per consentire ai propri lettori di orientarsi all’interno di una disciplina, provando a semplificare alcuni temi che sembrerebbero molto complessi. Per far questo proporrà alcuni argomenti di discussione. Illustrerà la posizione del Governo – ma più in generale della quasi totalità delle forze politiche – e quali sono le critiche scientificamente fondate a quella impostazione.

I primi temi di cui ci occuperemo riguardano l’Euro (ça va sans dire…), il debito pubblico, la spesa pubblica, l’inflazione, la svalutazione, i salari. L’ambizione è che in vista delle elezioni regionali, le forze politiche che competono per la guida della Sicilia siano interessati a quello che tutto sommato è il tema più importante per un’istituzione pubblica, persino più della lotta alla mafia o al solito becero i politici sono tutti ladri.

Sapere cosa pensano i candidati alla guida della nostra Regione di questi temi sarebbe interessante, anche se la sensazione è che preferiscano battere sentieri meno pericolosi e più alla portata della propria formazione, condita da “costi della politica”, “rinnovamento del personale politico”, “inefficienza della Regione/Comune”, “tagli del personale”. Con tutto il rispetto, posizioni che una forza di sinistra, anche moderata ma di sinistra, dovrebbe aborrire.

Una cosa ci sembra importante sottolineare. Quanto andremo descrivendo non sono posizioni originali o eccentriche di fantasiosi dilettanti. Non inventeremo nulla. Sono posizione che si possono trovare in vari testi, che indicheremo via via, e di cui si parla ormai molto in vari blog. In particolare, ci baseremo molto su quello di Paul Krugman (un premio Nobel), di alcuni economisti “eterodossi” come Emiliano Brancaccio o Alberto Bagnai e di sbilanciamoci.org. un sito che si occupa di economia molto autorevole.

 

Quella che avete letto è l’introduzione. Iniziamo adesso con la prima puntata. 

Il nostro ‘viaggio’ intorno alle questioni economiche non può che cominciare dalla questione per eccellenza: l’introduzione dell’euro ha recato un vantaggio o uno svantaggio… a chi? Come sapete, fino al 2001 in Europa circolavano varie monete; la lira in Italia, il franco in Francia, il marco in Germania, il fiorino in Olanda, la peseta in Spagna ecc. Dal primo gennaio 2002 circola una sola moneta, l’euro.

La prima cosa che quindi serve mettere in luce è che l’adozione della moneta unica può essere stata un vantaggio per alcuni e uno svantaggio per altri.

I pasdaran dell’euro sostengono che tutti i Paesi che hanno aderito all’euro ci hanno guadagnato. I pasdaran nostrani sostengono che in particolare l’Italia ci avrebbe guadagnato, perché senza l’euro avremmo avuto inflazione altissima, tassi di disoccupazione enormi, saremmo diventati poverissimi e il nostro Paese sarebbe retrocesso a condizioni economiche vicine a quelle del secondo dopoguerra.

Nelle puntate successive vedremo quanto sono fondate queste supposizioni. Oggi ci preme mettere in luce il fatto che durante il dibattito per l’introduzione della moneta unica, i fautori dell’euro sostenevano che la posizione fosse condivisa da tutti gli economisti di un certo spessore teorico-intellettuale. Tutti. Ma era proprio così?

Rudinger Dornbusch (foto a sinistra, tratta da faz.net) è un nome che ai nostri lettori dirà poco. Però è uno che insegnava economia al Massachusetts Institute of Tecnology che, con tutto il rispetto, è leggermente più prestigiosa dell’università di Enna o – sempre col dovuto rispetto, però un po’ meno – della Bocconi.

Il nostro Dornbusch ha scritto uno dei più noti manuali di macroeconomia su cui si formano studenti di tutto il mondo. Alcuni suoi articoli sono più noti della Bibbia tra gli economisti. Insomma, sempre contutto il rispetto, non stiamo parlando proprio di un dilettante. Il nostro Dornbusch cosa pensava dell’istituzione dell’euro ce lo dice in un articolo del 1996 dal titolo abbastanza equilibrato: “Euro fantasies”. Dornbusch sostiene che l’istituzione dell’euro “non risolverà i problemi valutari europei” e che diventeranno preponderanti “recessione e disoccupazione”.

La conclusione è abbastanza chiara: “Se c’è mai stata una cattiva idea, l’euro lo è”.

Paul Krugman (foto a destra tratta da topics.nytimes.com) è un po’ più noto, non fosse altro che per il fatto di scrivere su un prestigioso quotidiano italiano. En passant nel 2008 ha anche avuto il premio nobel in Economia, che per quanto possa essere sopravvalutato converrete che non viene concesso proprio al primo che passa da Stoccolma.

Anche lui aveva le idee abbastanza chiare sull’Euro: “L’Unione monetaria è stata creata per fare contenta la Germania, non risolverà certo i problemi dei Paesi periferici”. L’articolo è del 1998.

Dominick Salvatore (foto a sinistra tratta da abruzzonelmondo.net) sembra il nome di un personaggio di un film di Scorsese. Forse lo è, però è anche uno che scrive sull’American Economic Review e che insegna Economia a New York. Non facciamola lunga: “Muovere verso una compiuta unione monetaria dell’Europa è come mettere il carro davanti ai buoi. Uno shock importante provocherebbe una pressione insopportabile all’interno dell’Unione, data la scarsa mobilità del lavoro, l’inadeguata redistribuzione fiscale, e l’atteggiamento della Bce che vorrebbe probabilmente perseguire una politica monetaria restrittiva per mantenere l’euro forte quanto il dollaro. Questa è certamente la ricetta per notevoli problemi futuri”.

Per il momento direi di fermarci qui, ma la lista sarebbe lunghissima. Se volete allungarla andate a dare un’occhiata al blog di Alberto Bagnai (foto a destra, tratta da imolaoggi.it), un economista toscano che insegna a Pescara (http://goofynomics.blogspot.it).

Come alcuni di voi non avranno mancato di notare, gli economisti citati sono tutti americani. Questo ha indotto molti “europei” a pensare che fossero soltanto preoccupati di perdere una sorta di predominio commerciale, che fossero timorosi di una “Europa forte”. Sarà. Loro parlavano in verità dell’assurdità di unificare aree valutarie non ottimali. Cosa significhi questa frase sarà il tema del prossimo articolo.

Roberto Salerno

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