L’Etna scivola verso il mare, ma non ci sono rischi Si sposta di pochi millimetri all’anno verso Giarre

Immaginiamo di prendere del pongo, di lavorarlo fino a dargli la forma di un panetto e di posizionargli sopra un oggetto molto pesante, ad esempio di metallo, dalla forma irregolare. Inevitabilmente il pongo comincerà a deformarsi sotto il peso sovrastante. Non si deformerà, però, in maniera uguale in tutte le sue parti, ma in modo diverso in base a come è posto l’oggetto sopra che, a sua volta, tenderà ad affondare (a scivolare) verso la porzione del pongo più ribassata. Con le dovute proporzioni, quello appena descritto è ciò che accade sull’Etna, secondo quanto riporta uno studio condotto sul vulcano attivo più alto d’Europa (Gravitational sliding of the Mt. Etna massif along a sloping basement) appena pubblicato da un gruppo di ricercatori britannici e francesi, coordinati dal dottor John Murray della School of environment, earth and ecosystem sciences della Open university Milton Keynes. Lo studio, pubblicato su Bullettin of vulcanology, ha stabilito che l’intero edificio vulcanico dell’Etna si muove verso est con una velocità media di circa 14 millimetri all’anno

Certo, immaginare un gigante di oltre tremila metri fatto di solida roccia basaltica che scivola con una lieve pendenza di circa 1-3 gradi verso il mar Ionio è un’operazione che richiede non poca fantasia. Se si pensa però alla portata a larga scala del fenomeno e alla estrema lentezza del movimento (si tratta di appena un metro e mezzo in cento anni) allora il quadro appare senz’altro più plausibile. Gli studiosi hanno installato una fitta rete di monitoraggio tramite stazioni gps ad altissima precisione capaci di rilevare cambiamenti millimetrici nelle forme del vulcano. Dopo aver raccolto dati nell’arco temporale di undici anni (dal 2001 al 2012) su oltre 100 punti di misura, il team di ricerca ha avuto finalmente sufficienti prove per affermare che il vulcano si muove davvero verso est-sud-est, in direzione di Giarre. Nessun allarmismo, però, sottolineano gli autori dell’articolo. Sebbene, infatti, altri vulcani (che presentano un andamento simile a quello dell’Etna) hanno dimostrato di poter essere soggetti a enormi mutamenti morfologici tali da innescare una serie di devastanti frane, i ricercatori precisano come questo processo sia molto raro ed estremamente lento. Potrebbero servire anche migliaia di anni prima di arrivare, infatti, a un punto critico. Solo nel caso in cui il tasso di scivolamento dovesse arrivare a raddoppiare la propria velocità nell’arco di qualche anno, allora, sarebbe giustificato un allarmismo. «Quasi tutti i vulcani costieri hanno questi movimenti, ma sono movimenti lentissimi, che possono comportare rischi di sfiancamento ovvero di crollo di una parte importante del vulcano, ma non ci sono elementi per parlare di eventi imminenti», precisa Eugenio Privitera, direttore dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di Catania.

La notizia, però, per quanto sensazionale possa apparire, non è di certo una novità né per la comunità scientifica internazionale né per gli studiosi locali che, con l’instabilità del fianco orientale del vulcano, fanno i conti da tempo. È noto da anni infatti che il settore est-sud-est dell’edifico vulcanico sia una zona fortemente interessata dalla presenza di lenti movimenti a piccola scala e deformazioni del suolo continuamente monitorate dai centri di ricerca. Inoltre questa porzione dell’edificio vulcanico appare profondamente segnata da diversi sistemi di faglie e fratture che interessano la crosta terrestre anche sotto il livello del mare, evidenziando una generale fragilità dell’intera area. E anche le popolazioni dei vari paesi orientali dell’Etna lo sanno bene e hanno imparato a convivere da anni con i frequenti terremoti che si verificano proprio in quel versante del vulcano. In ogni caso lo studio costituisce il primo esempio di modello rappresentativo che raffigura il graduale scivolamento di un fianco dell’edificio di un vulcano attivo, scivolamento che viene agevolato dalle rocce del basamento sedimentario sottostante, molto più soffici rispetto a quelle vulcaniche. Per quanto riguarda i possibili rischi associati al fenomeno osservato i ricercatori sottolineano come per il momento non sussista alcun pericolo. Ad ogni modo, però, il processo di scivolamento va tenuto sotto controllo dal momento che, in futuro, potrebbe aumentare i propri effetti sull’area orientale. 

Michela Costa

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