L’estinzione del merlo maschio

«E se fossero gli uomini a doversi ribellare?». Nella bufera del cosiddetto caso Ruby, mentre l’Italia si spacca tra indignati e ammirati dall’audacia sessuale del presidente del Consiglio, è ancora possibile ragionare su posizioni non scontate. Come quelle di Franca Fossati, giornalista e femminista sul campo, che dall’87 al ‘93 ha diretto il mensile Noi donne, storica voce dei movimenti femminili. Milanese, un passato da militante in Lotta Continua, la Fossati ha vissuto due anni – dal ’74 al ’76 – a Catania. «Perché allora si usava che noi del Nord andassimo a passare un periodo formativo al Sud», ricorda ridendo. Adesso vive a Roma e collabora con la Rai. In una lunga chiacchierata, Step1 ha discusso con lei di condizione femminile, di eredità del passato e del ruolo dei media nell’ultimo scandalo italiano. Con un appello finale a sorpresa.

Le «pupe del premier», le «puttane», ma anche un po’ le «vittime» di questo sistema. Le frequentatrici dei festini di Arcore sono state definite in ogni modo. Chi sono queste donne secondo lei?
Davvero, adesso
basta con lo stereotipo delle “ragazze sprovvedute”, perché questa immagine delle fanciulle vittime del satiro è pura retorica. Certo, c’è una sproporzione tra il loro potere e quello del premier, ma è la stessa che esiste con i tre quarti della popolazione italiana. A prescindere dai casi specifici e dalle motivazioni personali, secondo me queste donne ritengono semplicemente che ne valga la pena. Ne discutevo con un’amica in questi giorni, sono gli effetti collaterali della libertà femminile. Non mi piacciono, ma è così.

Proprio in nome di questa conquista, da quando siamo nate ci è stato raccontato che siamo libere di scegliere e soprattutto di disporre della nostra vita e del nostro corpo. Non è forse difficile allora giudicare la scelta di queste ragazze?
Ammesso che proprio si debba, un giudizio si dà in base ai propri valori. Per me in cima c’è la qualità delle relazioni tra le persone e qui mi pare proprio che sia scarsa. Basti pensare ai “che schifo quel vecchio babbione” esclamati dalle ragazze intercettate. Ma non è questo il punto. Di tutta la storia mi infastidisce di più l’accanimento mediatico su queste donne, additate come “puttane”, trattate come criminali e adesso pure sfrattate di casa. In realtà siamo tutti complici, apparteniamo tutti alla generazione di Drive In.

Quindi è davvero tutta colpa, come dicono in molti, di Berlusconi e del modello inaugurato dalle sue tv?
Le televisioni commerciali hanno certo lanciato un certo uso del corpo della donna per fare audience, ma evidentemente hanno risposto a quello che il pubblico voleva. Gli spettatori non ci sono caduti, l’hanno chiesto. In questa offerta al ribasso la Rai poteva essere un presidio culturale, ma ha preferito farsi trascinare sullo stesso terreno. C’è un concorso di colpa tra tutti, compresi gli spettatori: se non vogliamo una certa dose di tette e culi, allora guardiamo lo spettacolo di Avetrana. Viviamo in un clima culturale frutto della liberalizzazione degli anni ’70, è ovvio che poi esce di tutto.

In quegli anni però le donne ebbero un ruolo fondamentale nella vita civile del paese. Vi aspettavate queste conseguenze sul futuro? Pensa che le femministe di allora abbiano sbagliato qualcosa?
Il ruolo del movimento delle donne in Italia è stato frutto di diverse congiunture storiche e di una specificità nostrana: la fine della Prima Repubblica, l’incapacità della sinistra di porsi come alternativa, l’emergere di una classe dirigente senza formazione. Non è un modello replicabile ovunque e sempre. Quello che a noi interessava era solo che le nuove generazioni capissero che essere donna è un valore, che non si ha un destino precostituito e che siamo padrone del nostro corpo.

Almeno due messaggi su tre sembrano essere arrivati, perché di certo queste ragazze sono padrone del proprio corpo e del proprio destino. Il meccanismo si è forse inceppato sul valore?
Oggi è tutto diverso. Non siamo più in una società patriarcale, la percezione della sessualità è capovolta e le donne combattono per tenere insieme lavoro e maternità. Sono i media ad amplificare il ruolo di una minoranza che ha fatto una scelta di vita diversa, conseguenza del più alto tasso di libertà femminile. Non nego che esista un fenomeno di costume – vedi il Grande Fratello – ma questa realtà diventa esemplare della condizione femminile perché questi sono gli unici modelli che vediamo. Non prendiamoci in giro, la politica italiana ha sempre funzionato così: attorno a un potente si crea una corte in cerca di favori e disposta a farne, di vario tipo, secondo i desideri del sovrano. E’ solo che gli altri generi di clientelismo risultano noiosi e i media li ignorano.

Lei accennava alla scomparsa del patriarcato. Qui però assistiamo a padri e fratelli che spingono le ragazze a sgomitare per fidanzarsi con Berlusconi. Non è comunque una moderna forma di controllo sulle figlie?
Non potremmo invece vederla al rovescio? Una donna è ormai diventata un ottimo investimento. Una di queste ragazze, nelle intercettazioni, racconta di mantenere in questo modo due famiglie. E non mi sembra contraddittorio, anzi. A me queste figure maschili sembrano subalterne, più miserevoli che autoritarie. C’è una gran quantità di uomini che invidiano il premier e si riconoscono in lui. Non sanno mettersi in discussione, sono rimasti legati a uno stereotipo di virilità grottesco. Per me hanno poco da stare allegri: non sanno misurarsi con le donne vere e con la capacità di conquista, si limitano a quella del bancomat. Io vedo una forte incapacità di costruire relazioni che, comunque, mi sembrano più gestite dalle donne.

Ma non le sembra che a queste ragazze manchino proprio delle solide relazioni interpersonali? Famiglia, amore, amicizia, sacrificate sull’altare del successo, della carriera, dei soldi. Servirebbero forse più esempi femminili positivi in posti di responsabilità?
Nelle famiglie in effetti si è rotto qualcosa. In tutta la questione c’entra come queste ragazze sono cresciute e che modelli hanno ricevuto dai genitori, perché un certo sistema di valori o lo apprendi nell’infanzia o non torna più. Ed è vero anche che le figure positive sono poche e datate, ma non credo che sia tutto qui. Secondo me le scelte fatte da queste donne non pregiudicano tutta la loro vita futura. Pensiamo a Non è la Rai, quella vecchia trasmissione demonizzata dalle femministe. Il simbolo è forse Ambra, che oggi è diventata una brava attrice, una showgirl interessante, una mamma e una compagna. Ma prendiamo anche la Carfagna. Non sappiamo di preciso come sia arrivata lì, ma è sicuro che viene dallo spettacolo e non dalla politica. Eppure non è stata un pessimo ministro o, per lo meno, non più di altri con una storia e una formazione diverse dalla sua.

Scartata anche questa causa, resta la sua ipotesi che il problema sia più maschile che femminile. Che consiglio si sentirebbe di dare agli uomini?
Vi va di essere identificati con un modello di sessualità stile Drive in? Davvero non esistono uomini che dicano “Questa storia ci infastidisce, ci umilia, vorremmo incontrare delle donne vere, e non solo tette e culi”? In questi giorni vedevo i colleghi uomini in Rai, dai 30 ai 70 anni, tutti intenti a parlare dell’ipotesi che davvero Berlusconi andasse a letto con una donna ogni cinque minuti. Non erano interessati al fenomeno, facevano il paragone con se stessi: erano tutti preoccupati del proprio pisello. Però, insomma, io ormai sono una vecchia signora: il problema adesso è vostro, che siete delle giovani donne e dovete avere a che fare con questi uomini. Dovreste dircelo voi come affrontare il problema.


Chiediamo l’aiutino. Cosa direbbe a sua figlia?
Non ho figlie e le mie nipotine sono ancora piccole. Però ci ho pensato lo stesso. Mi sono detta che mi sarei preoccupata di contrastare questa agenzia educativa, parlando di argomenti fondamentali come la sessualità e il rapporto tra uomo e donna.

E come avrebbe fatto?
Non lo so. Non sono riuscita a darmi una risposta.

Intanto c’è una proposta. Concita De Gregorio, su L’Unità, chiama all’appello le donne diverse dalle pupe del premier disposte a tutto per fare la bella vita. Che facciamo, firmiamo?
Cosa vorremmo dimostrare? Noi donne non siamo poche puttane da un lato e tante per bene dall’altro. Non mi trovo d’accordo nemmeno con le donne dell’opposizione, perché non mi riconosco nel lamento. Io non firmo niente del genere, non ci credo.

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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