L’ennesima vita della ‘Gioventù Sonica’

C’è una domanda che sorge spontanea all’indomani di ogni uscita di Thurston Moore e soci: “quante vite hanno i Sonic Youth?”. Ed è proprio questo il quesito che popola la testa dell’ascoltatore anche in occasione della pubblicazione del sedicesimo capitolo, targato 2006: Rather Ripped. La risposta che ci sentiamo di dare per l’ennesima volta è: molte, moltissime vite; diverse iniezioni di creatività e svariati slanci di genio. Questa energia (sovra)naturale è anche la benzina che spinge la band newyorkese a stare sul mercato da oltre venticinque anni e farlo, soprattutto, con maestosa dignità e non in equilibrio precario come altri gruppi della loro generazione (non faremo i nomi). Dunque, dopo “Sonic Nurse” e dopo l’abbandono di Jim O’Rourke e della sua impronta rumorista, i Sonic Youth ripartono e – come detto – resuscitano di nuovo come gatti. Il risultato è un disco coi fiocchi suonato da dio e con un pregio sopra ogni cosa: la brillantezza. Si, proprio così, “Rather Ripped” è un disco che pare illuminato trasversalmente da una luce speciale. Anche negli episodi più scuri, più disturbati, c’è sempre un lampo effervescente che ne colora le trame ed i passaggi sonori. Rispetto al passato recente (“Era-O’Rourke”), il disco sfoggia una maggiore linearità e pulizia nel suono. Questo aspetto si mette in mostra immediatamente con la prima traccia Reena che sembra un’auto in corsa, come se i SY volessero fare entrare l’ascoltatore subito nel corpo dell’album. Reena e Incinerate sono due appassionanti storie musicali affidate al racconto delle chitarre che si aggrovigliano robuste l’un l’altra, e in Do you believe in rapture?, con gran sorpresa, si assiste ad un andamento cantautoriale che riporta direttamente a Neil Young.

Gli intrecci tra la sei corde di Moore e quella di Ranaldo sono spumeggianti e mettono sin da subito una firma preziosissima. Per ritrovare qualche disturbo d’annata dobbiamo andare dalle parti di Sleepin’ Around, con rullate di batteria spaccafiato e chitarre toste. Ma il vero punto forte di “Rather Ripped” sono senza dubbio le ballate: la solare The Neutral, l’andamento dolce di Rats e lo splendore di Turquoise Boy che, con un climax di arpeggi irresistibili ed evocativi, un incedere di rullate e sussurri onirici di Kim Gordon, conquista la medaglia d’argento del disco. La medaglia d’oro, invece, va senz’altro a Pink Steam. Un intro strumentale di oltre cinque minuti affidato ad arie spaziali, chitarra dissonante – possiamo proprio dirlo – à la Sonic Youth e batteria ritmata. Poi fa ingresso la voce affannosa di Moore che conduce il brano alla consacrazione. Se c’è un merito che va attribuito ai Sonic Youth è quello spirito di freschezza, di rischio e d’ispirata intuizione musicale che appartiene spesso alle band debuttanti. Insomma, nessuna superbia da divi per loro che potrebbero permetterselo, considerato il numero smisurato di band che hanno influenzato e “indirizzato” lungo gli ultimi venti anni. E nessuna spocchia o vestito sgargiante. Solo musica e talento. Non basta?

Nota: i brani di “Rather Ripped” sono stati incisi agli studi Sear Sound di New York a cavallo tra dicembre 2005 e gennaio 2006, con gli ingegneri del suono TJ Doherty e J Mascis (Dinosaur Jr), ed il mixaggio e la co-produzione (assieme ai SY stessi) di John Agnello.

Riccardo Marra

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